Galleria Nazionale dell'Umbria.
Beato Angelico - Pala di Perugia
Pala di Perugia è un dipinto tempera su tavola di Beato Angelico, databile al 1438.
L'opera venne dipinta per la cappella di San Nicola nella chiesa di San Domenico a Perugia. Nella prima metà del XIX secolo venne smembrato, in parte disperso, facendo confluire alcuni pannelli della predella nella Pinacoteca Vaticana. A Perugia vennero create delle copie della predella, in seguito reintegrate in una nuova cornice neogotica.Del polittico fanno parte anche una serie di piccoli santi sui pilastri laterali e due tondi con l'Angelo annunciante e la Vergine annunciata nelle cuspidi laterali.
Descrizione L'opera è composta da tre pannelli principali: un grande pannello centrale, con la Madonna in trono col Bambino e Angeli (interamente dell'Angelico), e due pannelli laterali divisi in alto a formare due scomparti ciascuno, per un totale di quattro scomparti con altrettanti santi. A sinistra si trovano i santiDomenico e Nicola di Bari, considerati autografi dell'autore, mentre a destra si trovano i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria, considerati in gran parte opera di collaboratori di bottega.
Stile
Le figure dei santi sono meno monumentali del Tabernacolo dei Linaioli, del 1433-1435. Dietro di loro si dispiega un insolito tavolo coperto da un drappo di broccato ornato d'oro, sul quale san Nicola ha appoggiato la mitria.La Madonna col Bambino, una Maestà, siede su un ampio trono costruito saldamente in prospettiva e su un gradino davanti al quale si trovano vasi con rose bianche (simbolo della purezza della Vergine) e rosse (preannunciazione della Passione di Cristo). Notevole è la somiglianza col pannello centrale del Trittico di Cortona, soprattutto nella Vergine, nell'arco del trono e nella disposizione degli angeli. Il pavimento è decorato da illusionistiche incrostazioni marmoree, già sperimentate dall'artista fin dalle opere giovanili, come il Trittico di San Pietro Martire (1428-29).
Predella pannelli della predella sono composti con figure piuttosto piccole e ritraggono le scene della Vita di san Nicola. Il prima pannello presenta un triplo episodio, la Nascita di san Nicola, Educazione di san Nicola attraverso il vescovo e San Nicola che dona tre palle d'oro a tre fanciulle povere per farle maritare, costruite con un ardito scorcio prospettico unificato, che mostra due interni ai lati e una strada all'aperto al centro. Alcuni hannoI rilevato alcune incertenzze nell'effetto di insieme, mentre nel pannello successivo, San Nicola salva la nave, sembra una citazione dei giochi di linee del gotico internazionale alla Gentile da Fabriano.La terza scena infine, San Nicola salva tre uomini condannati alla decapitazione e Morte del santo, è la più notevole, con una doppia rappresentazione (un esterno e un interno), trattate con un medesimo punto di fuga che cade su particolari significativi (il catafalco del santo). Unificata è anche la luce, che irradia le figure da sinistra, filtrando, con un'efficace ombra della parete, anche nella stanza.I pannelli della predella sono composti con figure piuttosto piccole e ritraggono le scene della Vita di san Nicola. Il prima pannello presenta un triplo episodio, la Nascita di san Nicola, Educazione di san Nicola attraverso il vescovo e San Nicola che dona tre palle d'oro a tre fanciulle povere per farle maritare, costruite con un ardito scorcio prospettico unificato, che mostra due interni ai lati e una strada all'aperto al centro. Alcuni hanno rilevato alcune incertenzze nell'effetto di insieme, mentre nel pannello successivo, San Nicola salva la nave, sembra una citazione dei giochi di linee del gotico internazionale alla Gentile da Fabriano.
L'opera venne dipinta per la cappella di San Nicola nella chiesa di San Domenico a Perugia. Nella prima metà del XIX secolo venne smembrato, in parte disperso, facendo confluire alcuni pannelli della predella nella Pinacoteca Vaticana. A Perugia vennero create delle copie della predella, in seguito reintegrate in una nuova cornice neogotica.Del polittico fanno parte anche una serie di piccoli santi sui pilastri laterali e due tondi con l'Angelo annunciante e la Vergine annunciata nelle cuspidi laterali.
Descrizione L'opera è composta da tre pannelli principali: un grande pannello centrale, con la Madonna in trono col Bambino e Angeli (interamente dell'Angelico), e due pannelli laterali divisi in alto a formare due scomparti ciascuno, per un totale di quattro scomparti con altrettanti santi. A sinistra si trovano i santiDomenico e Nicola di Bari, considerati autografi dell'autore, mentre a destra si trovano i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria, considerati in gran parte opera di collaboratori di bottega.
Stile
Le figure dei santi sono meno monumentali del Tabernacolo dei Linaioli, del 1433-1435. Dietro di loro si dispiega un insolito tavolo coperto da un drappo di broccato ornato d'oro, sul quale san Nicola ha appoggiato la mitria.La Madonna col Bambino, una Maestà, siede su un ampio trono costruito saldamente in prospettiva e su un gradino davanti al quale si trovano vasi con rose bianche (simbolo della purezza della Vergine) e rosse (preannunciazione della Passione di Cristo). Notevole è la somiglianza col pannello centrale del Trittico di Cortona, soprattutto nella Vergine, nell'arco del trono e nella disposizione degli angeli. Il pavimento è decorato da illusionistiche incrostazioni marmoree, già sperimentate dall'artista fin dalle opere giovanili, come il Trittico di San Pietro Martire (1428-29).
Predella pannelli della predella sono composti con figure piuttosto piccole e ritraggono le scene della Vita di san Nicola. Il prima pannello presenta un triplo episodio, la Nascita di san Nicola, Educazione di san Nicola attraverso il vescovo e San Nicola che dona tre palle d'oro a tre fanciulle povere per farle maritare, costruite con un ardito scorcio prospettico unificato, che mostra due interni ai lati e una strada all'aperto al centro. Alcuni hannoI rilevato alcune incertenzze nell'effetto di insieme, mentre nel pannello successivo, San Nicola salva la nave, sembra una citazione dei giochi di linee del gotico internazionale alla Gentile da Fabriano.La terza scena infine, San Nicola salva tre uomini condannati alla decapitazione e Morte del santo, è la più notevole, con una doppia rappresentazione (un esterno e un interno), trattate con un medesimo punto di fuga che cade su particolari significativi (il catafalco del santo). Unificata è anche la luce, che irradia le figure da sinistra, filtrando, con un'efficace ombra della parete, anche nella stanza.I pannelli della predella sono composti con figure piuttosto piccole e ritraggono le scene della Vita di san Nicola. Il prima pannello presenta un triplo episodio, la Nascita di san Nicola, Educazione di san Nicola attraverso il vescovo e San Nicola che dona tre palle d'oro a tre fanciulle povere per farle maritare, costruite con un ardito scorcio prospettico unificato, che mostra due interni ai lati e una strada all'aperto al centro. Alcuni hanno rilevato alcune incertenzze nell'effetto di insieme, mentre nel pannello successivo, San Nicola salva la nave, sembra una citazione dei giochi di linee del gotico internazionale alla Gentile da Fabriano.
Beato Angelico Pannello Centrale Madonna col Bambino
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Beato angelico -Pala di Perugia Pannello destro.San Giovanni e Santa Caterina D'Alessandria
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Beato angelico Pala di perugia - Pannello di sinistra - San Domenico e San Nicola da Bari.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Predella .
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Beato Angelico -Predella - Morte e Ascensione di san Nicola.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Duccio da Buoninsegna - Madonna col Bambino.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Gentile da Fabriano - Madonna col Bambino e Angeli musicanti.
La Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti è una tempera su tavola (115×64 cm) di Gentile da Fabriano, conservata alla Galleria nazionale dell'Umbriadi Perugia e databile al 1405-1410 circa.
]L'opera proviene dalla chiesa di San Domenico ed è generalmente attribuita a un periodo dell'attività di Gentile ricco di viaggi, quando si spostava tra Venezia, leMarche e l'Umbria, anche se alcuni lo collocano agli ultimi anni del soggiorno fiorentino (1424-1425) cogliendo nella composizione volumetrica del Bambino un richiamo a quello di Masaccio nella Sant'Anna Metterza (1424).
DescrizioneLa tavola è di forma cuspidata, anche se il curioso coronamento a bulbo è frutto di un riadattamento nei secolo XVII-XVIII delle forme originarie, che è stato reintegrato dai recenti restauri. La Madonna, elegantemente abbigliata con un manto dove sono evidenziate le pieghe cadenzate ed eleganti del gotico internazionale, è seduta su un trono composto in prospettiva intuitiva dove, tra gli archetti gotici, spuntano fitte fronde di arbusto. Il suggestivo "trono vegetale", arricchito da una miriade di rametti e foglioline disegnati uno per uno, deriva dalla tradizione veneziana (sia architettonica che di oreficeria) e si ritrova poi anche in altre opere dell'artista. Esso è composto da esili arcate dorate, che da sole non sarebbero in grado nemmeno di reggere il peso di Maria seduta. Il praticello che decora il sedile della Vergine adombra una fusione tra le iconografie della Maestà (lka Madonna in trono) e la Madonna dell'Umiltà, cioè Maria seduta in terra.
Il Bambino è seduto sulle sue ginocchia e guarda sorridente lo spettatore mentre tiene in mano una melagrana, simbolo di fertilità e di regalità, ma anche prefigurazione della Passione (i chicchi rossi come gocce di sangue) e allegoria dell'unità della Chiesa. Le mani affusolate della Vergine fanno per prendere il frutto ed abbracciano con compostezza il Bambino sulla sinistra. La spilla del manto di Maria è resa a rilievo tramite la lavorazione a pastiglia dorata.
Ai piedi della Madonna si trova un coro di piccolissimi angeli (anche in questo caso un elemento medievale arcaizzante, per via delle proporzioni gerarchiche), che stanno cantando un inno leggendo da un rotolo dove si trova la notazione musicale. Il loro stato di conservazione è pessimo, infatti su gran parte delle loro vesti il pigmento originale è perduto. Essi sono ritratti mentre danzano srotolando una spartito per la musica e il canto, su cui si legge ancora "Regina Coeli Letare [quia quem maruisti] Portare Alleluja Resurrexit Sicut Dixit Alle[l]uja [O]ra Pro [Nobis]".
Come nelle migliori opere di Gentile, la lavorazione dell'oro è straordinaria. Di grande raffinatezza è la spilla dorata che chiude il manto di Maria, raffigurata a rilievo tramite un'applicazione a base di gesso, nonché le aureole in cui corrono le iscrizioni "Ave Maria Gratia Plena Dominus Tecum Bened[icta]" e " Yesu Christus". Analogamente lungo il bordo del manto di Maria si legge "Mater Alma [...] dona nobis [...] solve[...] pro nobis". In oltre ai lati del gruppo sacro si vedono due angeli in volo, interamente profilati a graffito.
La base è composta, come nel polittico di Valleromita, da un prato fiorito dove sono rappresentate con precisione varie pianticelle fiorite.
Stile Rispetto alle prime opere, come la pala della Madonna col Bambino tra i santi Nicola di Bari, Caterina d'Alessandria e un donatore a Berlino, si avverte una maturazione del pittore nel trattamento delle carni, ritratte con tonalità più scure e pastose, fuse maggiormente nei delicati trapassi di colore. Appaiono così accentuate le fessure sottili degli sguardi, i rossori "da maquillage" e le espressioni patetiche.
L'opera è un esempio di stile gotico internazionale ed anche ammettendo una datazione più tarda, avvicinabile agli influssi rinascimentali di Firenze, mostra un certo schematismo che è ancora lontano dal modo di pensare di Masaccio e i suoi seguaci. Per esempio la Madonna ha un volto convenzionalmente aristocratico, non ispirato a una reale fisionomia, e le ombre, anche se la testa è girata verso il basso, sono stese nella solita maniera che illumina la canna del naso, la guancia, la parte sopra le sopracciglia, il mento. Anche l'espressione è convenzionale e predomina un senso di irrealtà fiabesca, dove la reale consistenza è annullata.
]L'opera proviene dalla chiesa di San Domenico ed è generalmente attribuita a un periodo dell'attività di Gentile ricco di viaggi, quando si spostava tra Venezia, leMarche e l'Umbria, anche se alcuni lo collocano agli ultimi anni del soggiorno fiorentino (1424-1425) cogliendo nella composizione volumetrica del Bambino un richiamo a quello di Masaccio nella Sant'Anna Metterza (1424).
DescrizioneLa tavola è di forma cuspidata, anche se il curioso coronamento a bulbo è frutto di un riadattamento nei secolo XVII-XVIII delle forme originarie, che è stato reintegrato dai recenti restauri. La Madonna, elegantemente abbigliata con un manto dove sono evidenziate le pieghe cadenzate ed eleganti del gotico internazionale, è seduta su un trono composto in prospettiva intuitiva dove, tra gli archetti gotici, spuntano fitte fronde di arbusto. Il suggestivo "trono vegetale", arricchito da una miriade di rametti e foglioline disegnati uno per uno, deriva dalla tradizione veneziana (sia architettonica che di oreficeria) e si ritrova poi anche in altre opere dell'artista. Esso è composto da esili arcate dorate, che da sole non sarebbero in grado nemmeno di reggere il peso di Maria seduta. Il praticello che decora il sedile della Vergine adombra una fusione tra le iconografie della Maestà (lka Madonna in trono) e la Madonna dell'Umiltà, cioè Maria seduta in terra.
Il Bambino è seduto sulle sue ginocchia e guarda sorridente lo spettatore mentre tiene in mano una melagrana, simbolo di fertilità e di regalità, ma anche prefigurazione della Passione (i chicchi rossi come gocce di sangue) e allegoria dell'unità della Chiesa. Le mani affusolate della Vergine fanno per prendere il frutto ed abbracciano con compostezza il Bambino sulla sinistra. La spilla del manto di Maria è resa a rilievo tramite la lavorazione a pastiglia dorata.
Ai piedi della Madonna si trova un coro di piccolissimi angeli (anche in questo caso un elemento medievale arcaizzante, per via delle proporzioni gerarchiche), che stanno cantando un inno leggendo da un rotolo dove si trova la notazione musicale. Il loro stato di conservazione è pessimo, infatti su gran parte delle loro vesti il pigmento originale è perduto. Essi sono ritratti mentre danzano srotolando una spartito per la musica e il canto, su cui si legge ancora "Regina Coeli Letare [quia quem maruisti] Portare Alleluja Resurrexit Sicut Dixit Alle[l]uja [O]ra Pro [Nobis]".
Come nelle migliori opere di Gentile, la lavorazione dell'oro è straordinaria. Di grande raffinatezza è la spilla dorata che chiude il manto di Maria, raffigurata a rilievo tramite un'applicazione a base di gesso, nonché le aureole in cui corrono le iscrizioni "Ave Maria Gratia Plena Dominus Tecum Bened[icta]" e " Yesu Christus". Analogamente lungo il bordo del manto di Maria si legge "Mater Alma [...] dona nobis [...] solve[...] pro nobis". In oltre ai lati del gruppo sacro si vedono due angeli in volo, interamente profilati a graffito.
La base è composta, come nel polittico di Valleromita, da un prato fiorito dove sono rappresentate con precisione varie pianticelle fiorite.
Stile Rispetto alle prime opere, come la pala della Madonna col Bambino tra i santi Nicola di Bari, Caterina d'Alessandria e un donatore a Berlino, si avverte una maturazione del pittore nel trattamento delle carni, ritratte con tonalità più scure e pastose, fuse maggiormente nei delicati trapassi di colore. Appaiono così accentuate le fessure sottili degli sguardi, i rossori "da maquillage" e le espressioni patetiche.
L'opera è un esempio di stile gotico internazionale ed anche ammettendo una datazione più tarda, avvicinabile agli influssi rinascimentali di Firenze, mostra un certo schematismo che è ancora lontano dal modo di pensare di Masaccio e i suoi seguaci. Per esempio la Madonna ha un volto convenzionalmente aristocratico, non ispirato a una reale fisionomia, e le ombre, anche se la testa è girata verso il basso, sono stese nella solita maniera che illumina la canna del naso, la guancia, la parte sopra le sopracciglia, il mento. Anche l'espressione è convenzionale e predomina un senso di irrealtà fiabesca, dove la reale consistenza è annullata.
Perugino - Adorazione dei Magi.
L'Adorazione dei Magi è un dipinto, olio su tavola (241 x 180 cm), di Pietro Perugino, databile, a seconda degli studi, al 1470-1473 o al 1476 circa.
La pala d'altare era destinata alla chiesa di Santa Maria dei Servi di Perugia, legata quest'ultima alla famiglia Baglioni, e nel 1543 venne trasferita nella chiesa di Santa Maria Nuova.
Descrizione
La scena è impostata in maniera tradizionale, con la capanna della Natività sulla destra e il corteo, non particolarmente lungo per il formato verticale dell'opera, che si accalca sulla destra, secondo un andamento orizzontale. Sullo sfondo, oltre il reconto del bue e l'asinello, si apre un paesaggio di rocce e colline, che dimostra la conoscenza della prospettiva aerea.
A destra si trova la Vergine con il Bambino benedicente sulle ginocchia, dietro la quale veglia san Giuseppe in piedi col bastone. A sinistra il re più anziano si è già inginocchiato in adorazione, mentre gli altri due, quello giovane e quello maturo, stanno porgendo cerimoniosamente i loro doni. Il corteo è affollato da personaggi con fattezze che si ritrovano poi anche in altre opere dell'artista (nonché in quelle della scuola umbra), come il ragazzo col turbante e i giovani biondi in pose raffinate ed eleganti. Pare che il giovane all'estrema sinistra possa essere un autoritratto dell'artista.
Stile
L'aspetto generale dell'opera è fortemente legato alla bottega di Verrocchio, dove l'artista fece il suo apprendistato, per il disegno molto marcato delle figure e per alcuni esiti simili ad altre opere coeve di artisti della bottega, che si giustificano con l'esistenza di modelli comuni. I personaggi si affollano secondo un gusto ancora sommersamente tardogotico, e sono robusti e massicci alla Fiorenzo di Lorenzo, pittore perugino forse primo maestro del Vannucci. Manca ancora l'elaborazione di un ritmo nella composizione, anche se è già accennato almeno nelle pose artefatte dei Magi in piedi. L'integrazione tra figure e paesaggio è derivata da Piero della Francesca, sebbene con un linguaggio più accattivante e colloquiale, mentre il linearismo del Verrocchio viene depurato dei suoi tratti più nervosi ed espressionistici.
Numerose sono le citazioni "famose", come l'albero in sezione aurea alla Piero della Francesca (Battesimo di Cristo, 1440-1460), o il paesaggio leonardesco, e dimostrano una volontà di "esercitarsi" di un giovane, piuttosto che l'affermazione di un proprio stile da maestro affermato.
Sono d'altra parte già presenti alcune caratteristiche che diventeranno tipiche dello stile di Perugino: il giovane col turbante, molto frequente in opere successive, o i tipi biondi raffinati ed eleganti, dstinati a diventare uno degli elementi più ricorrenti della pittura umbra.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
La pala d'altare era destinata alla chiesa di Santa Maria dei Servi di Perugia, legata quest'ultima alla famiglia Baglioni, e nel 1543 venne trasferita nella chiesa di Santa Maria Nuova.
Descrizione
La scena è impostata in maniera tradizionale, con la capanna della Natività sulla destra e il corteo, non particolarmente lungo per il formato verticale dell'opera, che si accalca sulla destra, secondo un andamento orizzontale. Sullo sfondo, oltre il reconto del bue e l'asinello, si apre un paesaggio di rocce e colline, che dimostra la conoscenza della prospettiva aerea.
A destra si trova la Vergine con il Bambino benedicente sulle ginocchia, dietro la quale veglia san Giuseppe in piedi col bastone. A sinistra il re più anziano si è già inginocchiato in adorazione, mentre gli altri due, quello giovane e quello maturo, stanno porgendo cerimoniosamente i loro doni. Il corteo è affollato da personaggi con fattezze che si ritrovano poi anche in altre opere dell'artista (nonché in quelle della scuola umbra), come il ragazzo col turbante e i giovani biondi in pose raffinate ed eleganti. Pare che il giovane all'estrema sinistra possa essere un autoritratto dell'artista.
Stile
L'aspetto generale dell'opera è fortemente legato alla bottega di Verrocchio, dove l'artista fece il suo apprendistato, per il disegno molto marcato delle figure e per alcuni esiti simili ad altre opere coeve di artisti della bottega, che si giustificano con l'esistenza di modelli comuni. I personaggi si affollano secondo un gusto ancora sommersamente tardogotico, e sono robusti e massicci alla Fiorenzo di Lorenzo, pittore perugino forse primo maestro del Vannucci. Manca ancora l'elaborazione di un ritmo nella composizione, anche se è già accennato almeno nelle pose artefatte dei Magi in piedi. L'integrazione tra figure e paesaggio è derivata da Piero della Francesca, sebbene con un linguaggio più accattivante e colloquiale, mentre il linearismo del Verrocchio viene depurato dei suoi tratti più nervosi ed espressionistici.
Numerose sono le citazioni "famose", come l'albero in sezione aurea alla Piero della Francesca (Battesimo di Cristo, 1440-1460), o il paesaggio leonardesco, e dimostrano una volontà di "esercitarsi" di un giovane, piuttosto che l'affermazione di un proprio stile da maestro affermato.
Sono d'altra parte già presenti alcune caratteristiche che diventeranno tipiche dello stile di Perugino: il giovane col turbante, molto frequente in opere successive, o i tipi biondi raffinati ed eleganti, dstinati a diventare uno degli elementi più ricorrenti della pittura umbra.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Gonfalone con la Pietà.
Il Gonfalone con la Pietà è un dipinto a tempera su tela (128x165 cm) di Pietro Perugino, databile al 1472 circa e conservato nella Galleria nazionale dell'Umbria a Perugia.
L'opera è uno stendardo processionale proveniente dal convento francescano di Farneto, presso Perugia. Si tratta di un'opera della fase giovanile dell'artista.
Descrizione e stile
Il dipinto mostra il Cristo in pietà in grembo a Maria, circondato ai lati da san Girolamo (con l'immancabile leone addomesticato accanto) e Maria Maddalena. Le figure laterali sono sapientemente inserite davanti a due quinte rocciose, mentre il gruppo sacro centrale è posto su una vasta apertura del paesaggio. Non casuale è anche il ricorso a contrasti di colore per far risaltare le figure, come le rocce in ombra dietro Girolamo, che fanno spiccare la sua veste bianca.
Alla fase giovanile dell'artista rimandano una serie di durezze e grafismi derivanti dall'esempio di Verrocchio, come nel secco corpo di Cristo, nei panneggi simili a fogli accartocciati dei santi (soprattutto nel disporsi ritmico delle pieghe sul suolo) e nell'intenso sentimento espresso dalla Vergine dolente. Ciò crea un forte tensione plastica nelle linee di contorno, tipica dell'arte fiorentina dell'epoca. D'altra parte questa è anche una delle prime opere in cui si assiste all'avvio di addolcimenti che portarono, nel giro di pochi anni, allo stile morbido e soffuso per cui il pittore divenne celebre: ciò si nota nel volto della Maddalena, incorniciato da eleganti riccioli biondi, e nello scorcio paesistico, con le dolci colline e gli alberelli isolati che richiamano il paesaggio umbro.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
L'opera è uno stendardo processionale proveniente dal convento francescano di Farneto, presso Perugia. Si tratta di un'opera della fase giovanile dell'artista.
Descrizione e stile
Il dipinto mostra il Cristo in pietà in grembo a Maria, circondato ai lati da san Girolamo (con l'immancabile leone addomesticato accanto) e Maria Maddalena. Le figure laterali sono sapientemente inserite davanti a due quinte rocciose, mentre il gruppo sacro centrale è posto su una vasta apertura del paesaggio. Non casuale è anche il ricorso a contrasti di colore per far risaltare le figure, come le rocce in ombra dietro Girolamo, che fanno spiccare la sua veste bianca.
Alla fase giovanile dell'artista rimandano una serie di durezze e grafismi derivanti dall'esempio di Verrocchio, come nel secco corpo di Cristo, nei panneggi simili a fogli accartocciati dei santi (soprattutto nel disporsi ritmico delle pieghe sul suolo) e nell'intenso sentimento espresso dalla Vergine dolente. Ciò crea un forte tensione plastica nelle linee di contorno, tipica dell'arte fiorentina dell'epoca. D'altra parte questa è anche una delle prime opere in cui si assiste all'avvio di addolcimenti che portarono, nel giro di pochi anni, allo stile morbido e soffuso per cui il pittore divenne celebre: ciò si nota nel volto della Maddalena, incorniciato da eleganti riccioli biondi, e nello scorcio paesistico, con le dolci colline e gli alberelli isolati che richiamano il paesaggio umbro.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Miracolo del bambino nato morto.
Il Miracolo del bambino nato morto è una tavoletta (tempera su tavola, 75×57 cm) della serie dei Miracoli di san Bernardino, attribuita a Pietro Perugino, datata1473 e conservata nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia.
Storia
Nel 1473 i Francescani di Perugia commissionarono a Pietro Perugino e altri la decorazione di due ante con un totale di otto tavolette dipinte che chiudevano una nicchia con la statua del santo nell'oratorio di San Bernardino. All'epoca l'ordine era impegnato nella diffusione del messaggio religioso e politico del santo senese, canonizzato nel 1450, e la serie doveva raffigurarne i miracoli.
All'impresa parteciparono almeno cinque mani, tra cui sono stati fatti anche nomi di pittori molto prestigiosi, che però si attennero a un medesimo stile, il cui progetto viene in genere attribuito al Perugino stesso, allora molto giovane e solo da un anno diventato maestro a tutti gli effetti con l'iscrizione alla compagnia di San Luca aFirenze (1472).
Tra le tavolette solo quella del Miracolo della fanciulla risanata, tra le migliori qualitativamente della serie, è unanimemente attribuita al Perugino, mentre altre sono riferite solo in parte o dubitativamente, come questa del Miracolo del bambino nato morto.
La serie venne smantellata e il suo aspetto e collocazione originaria è ancora oggi oggetto di diatribe tra gli studiosi.L'episodio narrato è quello di san Bernardino che fa risorgere il bambino nato morto da Giovanni e Margherita da Basilea, oppure, secondo un'altra interpretazione meno seguita, del parto miracoloso concesso a una donna ritenuta sterile. La scena del miracolo vero e proprio è ambientata a sinistra in secondo piano, sotto un'ariosa loggia, mentre la parte destra è occupata da aggraziate figure in primo piano, forse memore dell'impaginazione della Flagellazione di Piero della Francesca.
Le figure comunque sono piccole ed occupano la fascia inferiore, mentre vera protagonista della scena è la fastosa architettura, che prevale sulle figure scandendo solennemente lo spazio in maniera regolare.
La luce è chiara e nitida, i colori tenui, le ombre schiarite, sul modello di Piero della Francesca, mentre la purezza architettonica rivela una meditazione sulla scuola urbinate. Le decorazioni policrome che rivestono le partiture architettoniche e le acutezze goticheggianti di alcune figure sono legate all'eredità locale.
Storia
Nel 1473 i Francescani di Perugia commissionarono a Pietro Perugino e altri la decorazione di due ante con un totale di otto tavolette dipinte che chiudevano una nicchia con la statua del santo nell'oratorio di San Bernardino. All'epoca l'ordine era impegnato nella diffusione del messaggio religioso e politico del santo senese, canonizzato nel 1450, e la serie doveva raffigurarne i miracoli.
All'impresa parteciparono almeno cinque mani, tra cui sono stati fatti anche nomi di pittori molto prestigiosi, che però si attennero a un medesimo stile, il cui progetto viene in genere attribuito al Perugino stesso, allora molto giovane e solo da un anno diventato maestro a tutti gli effetti con l'iscrizione alla compagnia di San Luca aFirenze (1472).
Tra le tavolette solo quella del Miracolo della fanciulla risanata, tra le migliori qualitativamente della serie, è unanimemente attribuita al Perugino, mentre altre sono riferite solo in parte o dubitativamente, come questa del Miracolo del bambino nato morto.
La serie venne smantellata e il suo aspetto e collocazione originaria è ancora oggi oggetto di diatribe tra gli studiosi.L'episodio narrato è quello di san Bernardino che fa risorgere il bambino nato morto da Giovanni e Margherita da Basilea, oppure, secondo un'altra interpretazione meno seguita, del parto miracoloso concesso a una donna ritenuta sterile. La scena del miracolo vero e proprio è ambientata a sinistra in secondo piano, sotto un'ariosa loggia, mentre la parte destra è occupata da aggraziate figure in primo piano, forse memore dell'impaginazione della Flagellazione di Piero della Francesca.
Le figure comunque sono piccole ed occupano la fascia inferiore, mentre vera protagonista della scena è la fastosa architettura, che prevale sulle figure scandendo solennemente lo spazio in maniera regolare.
La luce è chiara e nitida, i colori tenui, le ombre schiarite, sul modello di Piero della Francesca, mentre la purezza architettonica rivela una meditazione sulla scuola urbinate. Le decorazioni policrome che rivestono le partiture architettoniche e le acutezze goticheggianti di alcune figure sono legate all'eredità locale.
Perugino - San Bernardino risana una fanciulla.
San Bernardino risana una fanciulla è una tavoletta (tempera su tavola, 75 × 57 cm) della serie dei Miracoli di san Bernardino, dipinta Pietro Perugino nel 1473 e conservata nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia.
Nel 1473 i Francescani di Perugia commissionarono a Pietro Perugino e altri la decorazione di due ante con un totale di otto tavolette dipinte che chiudevano una nicchia con la statua del santo nell'oratorio di San Bernardino. All'epoca l'ordine era impegnato nella diffusione del messaggio religioso e politico del santo senese, canonizzato nel 1450, e la serie doveva raffigurarne i miracoli.
All'impresa parteciparono almeno cinque mani, tra cui sono stati fatti anche nomi di pittori molto prestigiosi, che però si attennero a un medesimo stile, il cui progetto viene in genere attribuito al Perugino stesso, allora molto giovane e solo da un anno diventato maestro a tutti gli effetti con l'iscrizione alla compagnia di San Luca aFirenze (1472).
Tra le tavolette solo quella del Miracolo della fanciulla risanata, tra le migliori qualitativamente della serie, è unanimemente attribuita al Perugino, mentre altre sono riferite solo in parte o dubitativamente, come il Miracolo del bambino nato morto.
La serie venne smantellata e il suo aspetto e collocazione originaria è ancora oggi oggetto di diatribe tra gli studiosi.
Descrizione e stile [modifica]L'episodio narrato è quello di san Bernardino che guarisce la figlia di Giovanne Petrazio da Rieti da un'ulcera. Le figure sono piccole ed occupano la fascia inferiore: al centro la fanciulla vestita di rosso siede e con le mani giunte sembra ringraziare il santo, inginocchiato davanti a lei tra altri due confratelli, del miracolo ricevuto. Dietro di lei si trovano i suoi parenti, che alzano le braccia in segno di stupore, e due astanti di spalle, riccamente abbigliati, che fanno analoghi gesti di sorpresa, sempre equilibratamente contenuti ed essenziali. In questo gruppo di figure si nota l'ascendenza di soggetti simili di Verrocchio o del giovane Domenico Ghirlandaio. A destra invece un giovane biondo sta in piedi con un bastone e rivolge lo sguardo altrove, disinteressato all'accaduto. La sua posa aggraziata e leggera è invece una caratteristica che diventerà tipica dell'arte di Perugino. I gruppi di figure sono bilanciati simmetricamente, con figure solide e composte che si distaccano dalle ascendenze tardogotiche di altre tavolette come il Miracolo del bambino nato morto.
Vera protagonista della scena è la fastosa architettura, che prevale sulle figure scandendo solennemente lo spazio in maniera regolare. Vi si rievoca l'Arco di Tito, riccamente decorato in maniera policroma con vari motivi rinascimentali tratti dalla tradizione classica, e al centro si apre un sereno paesaggio che sfonda la scena verso l'infinitamente profondo, con un uso sapiente della prospettiva aerea. Esso deriva sia dallo studio dal vero che dagli esempi fiamminghi che a quell'epoca circolavano nelle migliori corti italiane.
La luce è chiara e nitida, i colori tenui, le ombre schiarite, sul modello di Piero della Francesca, ridotto però a forme più colloquiali ed accattivanti, che garantiranno all'autore una straordinaria fortuna.
Nel 1473 i Francescani di Perugia commissionarono a Pietro Perugino e altri la decorazione di due ante con un totale di otto tavolette dipinte che chiudevano una nicchia con la statua del santo nell'oratorio di San Bernardino. All'epoca l'ordine era impegnato nella diffusione del messaggio religioso e politico del santo senese, canonizzato nel 1450, e la serie doveva raffigurarne i miracoli.
All'impresa parteciparono almeno cinque mani, tra cui sono stati fatti anche nomi di pittori molto prestigiosi, che però si attennero a un medesimo stile, il cui progetto viene in genere attribuito al Perugino stesso, allora molto giovane e solo da un anno diventato maestro a tutti gli effetti con l'iscrizione alla compagnia di San Luca aFirenze (1472).
Tra le tavolette solo quella del Miracolo della fanciulla risanata, tra le migliori qualitativamente della serie, è unanimemente attribuita al Perugino, mentre altre sono riferite solo in parte o dubitativamente, come il Miracolo del bambino nato morto.
La serie venne smantellata e il suo aspetto e collocazione originaria è ancora oggi oggetto di diatribe tra gli studiosi.
Descrizione e stile [modifica]L'episodio narrato è quello di san Bernardino che guarisce la figlia di Giovanne Petrazio da Rieti da un'ulcera. Le figure sono piccole ed occupano la fascia inferiore: al centro la fanciulla vestita di rosso siede e con le mani giunte sembra ringraziare il santo, inginocchiato davanti a lei tra altri due confratelli, del miracolo ricevuto. Dietro di lei si trovano i suoi parenti, che alzano le braccia in segno di stupore, e due astanti di spalle, riccamente abbigliati, che fanno analoghi gesti di sorpresa, sempre equilibratamente contenuti ed essenziali. In questo gruppo di figure si nota l'ascendenza di soggetti simili di Verrocchio o del giovane Domenico Ghirlandaio. A destra invece un giovane biondo sta in piedi con un bastone e rivolge lo sguardo altrove, disinteressato all'accaduto. La sua posa aggraziata e leggera è invece una caratteristica che diventerà tipica dell'arte di Perugino. I gruppi di figure sono bilanciati simmetricamente, con figure solide e composte che si distaccano dalle ascendenze tardogotiche di altre tavolette come il Miracolo del bambino nato morto.
Vera protagonista della scena è la fastosa architettura, che prevale sulle figure scandendo solennemente lo spazio in maniera regolare. Vi si rievoca l'Arco di Tito, riccamente decorato in maniera policroma con vari motivi rinascimentali tratti dalla tradizione classica, e al centro si apre un sereno paesaggio che sfonda la scena verso l'infinitamente profondo, con un uso sapiente della prospettiva aerea. Esso deriva sia dallo studio dal vero che dagli esempi fiamminghi che a quell'epoca circolavano nelle migliori corti italiane.
La luce è chiara e nitida, i colori tenui, le ombre schiarite, sul modello di Piero della Francesca, ridotto però a forme più colloquiali ed accattivanti, che garantiranno all'autore una straordinaria fortuna.
Perugino - Madonna della Consolazione.
La Madonna della Consolazione è un dipinto a olio su tavola (183x130 cm) di Pietro Perugino, databile al 1496-1498 e conservato nella Galleria nazionale dell'Umbria a Perugia.
Storia
L'opera venne dipinta dalla bottega perugina dell'artista per la Confraternita dei Disciplinati, detta della Madonna della Consolazione. L'opera, terminata nell'aprile 1498, venne eseguita durante i lavori alla Sala delle Udienze del Collegio del Cambio. La forma della Madonna col Bambino venne riproposta quasi identica nella Pala Tezi.
Con le soppressioni napoleoniche entrò nelle collezioni della galleria.
Descrizione e stile
La Madonna è seduta su uno scranno ligneo col Bambino in braccio, affiancata ai lati dai membri della confraternita, coi tipici mantelli e cappucci bianchi, inginocchiati in secondo piano, di dimensioni notevolmente ridotte. In alto l'insieme è bilanciato da due angeli in preghiera, simmetrici e derivanti da un medesimo cartone usato anche in numerose altre opere dell'artista (Resurrezione di San Francesco al Prato, Madonna in gloria e santi, Gonfalone della Giustizia, ecc.). Lo sfondo è un tipico paesaggio umbro con colline digradanti, che si perdono in lontananza schiarite dalla foschia. Nel paesaggio predominano i colori verde turchese e azzurrini, che compongono anche una lontana veduta di città.
Il tono dell'opera è pacatamente contemplativo, con colori ricchi e brillanti ma sapientemente accordati e un senso di volume plastico che si percepisce soprattutto nel panneggio della Madonna, dalla forte fisicità soprattutto nelle gambe proiettate verso lo spettatore.
Bibliografia [modifica]Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Storia
L'opera venne dipinta dalla bottega perugina dell'artista per la Confraternita dei Disciplinati, detta della Madonna della Consolazione. L'opera, terminata nell'aprile 1498, venne eseguita durante i lavori alla Sala delle Udienze del Collegio del Cambio. La forma della Madonna col Bambino venne riproposta quasi identica nella Pala Tezi.
Con le soppressioni napoleoniche entrò nelle collezioni della galleria.
Descrizione e stile
La Madonna è seduta su uno scranno ligneo col Bambino in braccio, affiancata ai lati dai membri della confraternita, coi tipici mantelli e cappucci bianchi, inginocchiati in secondo piano, di dimensioni notevolmente ridotte. In alto l'insieme è bilanciato da due angeli in preghiera, simmetrici e derivanti da un medesimo cartone usato anche in numerose altre opere dell'artista (Resurrezione di San Francesco al Prato, Madonna in gloria e santi, Gonfalone della Giustizia, ecc.). Lo sfondo è un tipico paesaggio umbro con colline digradanti, che si perdono in lontananza schiarite dalla foschia. Nel paesaggio predominano i colori verde turchese e azzurrini, che compongono anche una lontana veduta di città.
Il tono dell'opera è pacatamente contemplativo, con colori ricchi e brillanti ma sapientemente accordati e un senso di volume plastico che si percepisce soprattutto nel panneggio della Madonna, dalla forte fisicità soprattutto nelle gambe proiettate verso lo spettatore.
Bibliografia [modifica]Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Pala Tezi.
a Pala Tezi è un dipinto a olio su tavola (182x158 cm) di Pietro Perugino, databile al 1500 circa e conservata nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia. L'opera era anticamente dotata di una predella composta di un'unica tavoletta con l'Ultima Cena (18x121 cm) oggi nella Gemäldegalerie di Berlino.
L'opera venne dipinta per la Cappella della famiglia Tezi nella chiesa di Sant'Agostino a Perugia. Dopo le soppressioni napoleoniche finì in galleria.
Descrizione e stile
La pala mostra la Madonna in cielo col bambino sulle ginocchia, affiancata sulle nubi dai santi Nicola da Tolentino e Bernardino da Siena, mentre nel registro inferiore, sullo sfondo di un dolce paesaggio boscoso, si vedono i santi Girolamo col leone e Sebastiano trafitto da frecce. Al centro in basso si trova l'apertura per un piccolo tabernacolo, che doveva contenere il Santissimo Sacramento. Nonostante la grande finezza pittorica, l'opera presenta vari elementi di repertorio, come la Madonna col Bambino proveniente da un cartone da cui fu tratta anche, in quegli stessi anni, la Madonna della Consolazione.
Il modo di stendere i colori non è tipico del Perugino, con forti chiaroscuri e con le ombre stese tramite toni bruni e terrosi che ricordano piuttosto lo stile di Luca Signorelli. Probabilmente si tratta di un'opera di bottega, in cui il maestro intervenne solo per alcuni brani.
.
L'opera venne dipinta per la Cappella della famiglia Tezi nella chiesa di Sant'Agostino a Perugia. Dopo le soppressioni napoleoniche finì in galleria.
Descrizione e stile
La pala mostra la Madonna in cielo col bambino sulle ginocchia, affiancata sulle nubi dai santi Nicola da Tolentino e Bernardino da Siena, mentre nel registro inferiore, sullo sfondo di un dolce paesaggio boscoso, si vedono i santi Girolamo col leone e Sebastiano trafitto da frecce. Al centro in basso si trova l'apertura per un piccolo tabernacolo, che doveva contenere il Santissimo Sacramento. Nonostante la grande finezza pittorica, l'opera presenta vari elementi di repertorio, come la Madonna col Bambino proveniente da un cartone da cui fu tratta anche, in quegli stessi anni, la Madonna della Consolazione.
Il modo di stendere i colori non è tipico del Perugino, con forti chiaroscuri e con le ombre stese tramite toni bruni e terrosi che ricordano piuttosto lo stile di Luca Signorelli. Probabilmente si tratta di un'opera di bottega, in cui il maestro intervenne solo per alcuni brani.
.
Perugino - Gonfalone della Giustizia.
Il Gonfalone della Giustizia è un dipinto a tempera e olio su tela (278x138 cm) di Pietro Perugino, databile al 1501 circa e conservato nella Galleria nazionale dell'Umbria a Perugia.
Descrizione e stile [modifica]Il gonfalone, usato durante le processioni pubbliche, venne dipinto nel periodo di massima popolarità dell'artista, dopo i successi del ciclo della Sala delle Udienze del Collegio del Cambio, quando teneva bottega contemporaneamente sia a Firenze che a Perugia.
L'opera mostra la Madonna in gloria tra angeli, cherubini e serafini al di sopra dei santi Francesco d'Assisi e Bernardino da Siena, con sullo sfondo una veduta di Perugia e dei suoi concittadini inginocchiati, tra cui si riconoscono una serie di confratelli incappucciati facenti parte della confraternita della Giustizia a cui era originariamente destinato il gonfalone.
Sebbene si tratti di un'opera di grande finezza compositiva e cromatica, lo schema è un accostamento di disegni di repertorio. La Madonna col Bambino ad esempio è una riproposizione di quella della Pala di Fano, mentre i due angeli oranti simmetrici si ritrovano in numerose opere di quegli anni, come la Resurrezione di San Francesco al Prato, la Madonna in gloria e santi di Bologna, la Madonna della Consolazione, ecc.).
Descrizione e stile [modifica]Il gonfalone, usato durante le processioni pubbliche, venne dipinto nel periodo di massima popolarità dell'artista, dopo i successi del ciclo della Sala delle Udienze del Collegio del Cambio, quando teneva bottega contemporaneamente sia a Firenze che a Perugia.
L'opera mostra la Madonna in gloria tra angeli, cherubini e serafini al di sopra dei santi Francesco d'Assisi e Bernardino da Siena, con sullo sfondo una veduta di Perugia e dei suoi concittadini inginocchiati, tra cui si riconoscono una serie di confratelli incappucciati facenti parte della confraternita della Giustizia a cui era originariamente destinato il gonfalone.
Sebbene si tratti di un'opera di grande finezza compositiva e cromatica, lo schema è un accostamento di disegni di repertorio. La Madonna col Bambino ad esempio è una riproposizione di quella della Pala di Fano, mentre i due angeli oranti simmetrici si ritrovano in numerose opere di quegli anni, come la Resurrezione di San Francesco al Prato, la Madonna in gloria e santi di Bologna, la Madonna della Consolazione, ecc.).
Perugino -Polittico di S.Agostino - Battesimo di Cristo.
Il Polittico di Sant'Agostino è un dipinto a olio su tavola di Pietro Perugino, databile a due fasi, una dal 1502 al 1512 circa e una dal 1513 al 1523 circa, conservato nella maggior parte degli scomparti alla Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia.
Storia
Il polittico era originariamente destinato alla chiesa di Sant'Agostino di Perugia ed è considerabile l'ultima grandiosa opera dell'artista prima della produzione tarda, destinata a centri più provinciali. Il polittico venne dipinto probabilmente in due fasi, una dal 1502 al 1512 che investe gli anni dell'apogeo e della crisi che lo allontanò dai grandi centri artistici dopo il ; una seconda legata agli ultimi anni della sua vita, dal 1520 circa alla morte. L'opera viene spesso indicata come pietra di paragone per la rivalutazione e datatazione di alcune opere della fase tarda.
Venne smembrato con le soppressioni napoleoniche.
Descrizione e stile [modifica]Il polittico era racchiuso in una grande macchina architettonica di gusto estremamente moderno, realizzata da Mattia da Reggio e comprendeva almeno ventotto/trenta pannelli, distribuiti su entrambi i lati. Via via che il pittore ne terminava alcuni, essi venivano installati montando in fasi successive la cornice, a partire dalla scatola delle predelle, che facevano da base, seguendo poi con colonne attorno ai pannelli principali, con una trabeazione, una cimasa e dei montanti laterali[1].
Prima fase [modifica]Alla prima fase vengono in genere datati i dipinti destinati alla faccia verso la navata, che comprendono:
Seconda fase A partire dal 1513-1513 venne avviato il lato posteriore, rivolto al coro dei frati, composto da numerosi scomparti che vennero consegnati a intervalli più o meno regolari fino alla morte[3].
Al centro si trovava l'Adorazione dei pastori, affiancata da due coppie di santi e con un registro superiore con due santi, dalle forme rimaneggiate. Inoltre nella seconda fase vennero foniti i pannelli per le cimase, l'Eterno benedicente verso la navata e la Pietà verso il coro, quest'ultima facente un tempo parte di una medesima tavola, poi divisa, coi tondi ai lati dei profeti David e Daniele[3].
Riassumento le tavole della seconda fase erano:
Storia
Il polittico era originariamente destinato alla chiesa di Sant'Agostino di Perugia ed è considerabile l'ultima grandiosa opera dell'artista prima della produzione tarda, destinata a centri più provinciali. Il polittico venne dipinto probabilmente in due fasi, una dal 1502 al 1512 che investe gli anni dell'apogeo e della crisi che lo allontanò dai grandi centri artistici dopo il ; una seconda legata agli ultimi anni della sua vita, dal 1520 circa alla morte. L'opera viene spesso indicata come pietra di paragone per la rivalutazione e datatazione di alcune opere della fase tarda.
Venne smembrato con le soppressioni napoleoniche.
Descrizione e stile [modifica]Il polittico era racchiuso in una grande macchina architettonica di gusto estremamente moderno, realizzata da Mattia da Reggio e comprendeva almeno ventotto/trenta pannelli, distribuiti su entrambi i lati. Via via che il pittore ne terminava alcuni, essi venivano installati montando in fasi successive la cornice, a partire dalla scatola delle predelle, che facevano da base, seguendo poi con colonne attorno ai pannelli principali, con una trabeazione, una cimasa e dei montanti laterali[1].
Prima fase [modifica]Alla prima fase vengono in genere datati i dipinti destinati alla faccia verso la navata, che comprendono:
- Battesimo di Cristo, 261x146 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Santi Filippo e Agostino, 173x91 cm, Musée des Augustins, Tolosa
- Santi Ercolano e Giacomo Maggiore, 173x91 cm, Musée des Beaux-Arts, Lione
- Angelo annunciante, diametro 102 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Vergine annunciata, perduto
- Adorazione dei Magi, 39,5x85 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Predica del Battista, 39,5 x 84 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Nozze di Cana, 39,5x84,5 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Presentazione di Gesù al Tempio, 39,5x83,5 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
Seconda fase A partire dal 1513-1513 venne avviato il lato posteriore, rivolto al coro dei frati, composto da numerosi scomparti che vennero consegnati a intervalli più o meno regolari fino alla morte[3].
Al centro si trovava l'Adorazione dei pastori, affiancata da due coppie di santi e con un registro superiore con due santi, dalle forme rimaneggiate. Inoltre nella seconda fase vennero foniti i pannelli per le cimase, l'Eterno benedicente verso la navata e la Pietà verso il coro, quest'ultima facente un tempo parte di una medesima tavola, poi divisa, coi tondi ai lati dei profeti David e Daniele[3].
Riassumento le tavole della seconda fase erano:
- Adorazione dei pastori, 263x147 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Santi Irene e Sebastiano, 189x95 cm, Museo di Grenoble, Grenoble
- Santi Girolamo e Maria Maddalena, 174x95 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Santo giovane con spada (San Giuliano?), diametro 102 cm, Parigi, Louvre
- San Bartolomeo, 89,5x74,8 cm, Birmingham, Birmingham Museum & Art Gallery
- Eterno benedicente, 145x140 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Pietà, 144x152 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- David, diametro 61 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
- Daniele, diametro 61 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
Perugino - Polittico di s.Agostino- Natività.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Polittico di S.Agostino- Santo Girolamo e Maria Maddalena.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Polittico di Sant'Agostino - Santi Irene e Sebastiano.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Pala di Monteripido- Crocifissione (Recto).
La Pala di Monteripido è un'opera a olio su tavola (240x180 cm, dipinta su due lati) di Pietro Perugino, databile al 1502 e conservata nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia.
Storia
Il polittico era originariamente destinato a inquadrare un venerato crocifisso ligneo nella chiesa di San Francesco al Monte a Monteripido presso Perugia.
Descrizione e stile
L'opera è dipinta su entrambi i lati. Sul recto, attorno al Crocifisso mostra Angeli e Dolenti, sul verso l'Incoronazione della Vergine.
Come tipico di questa fase dell'artista in cui, all'apogeo del successo, teneva contemporanemanete bottega a Perugia e a Firenze, l'opera è impostata con un largo utilizzo di disegni e cartoni di repertorio, già sfruttato in altre opere. Ad esempio i personaggi attorno al crocifisso ricordano quelli della Crocifissione di Santa Maria Maddalena de' Pazzi a Firenze (1494-1496), mentre i due angeli simmetrici in volo, con le coppe con cui raccolgono il sangue dalla ferite di Cristo, derivano dalle rappresentazioni dell'Orazione nell'orto, come quella degli Uffizi (1483-1495 circa). Il tono aulico delle figure di Perugino contrasta col vigore espressivo del crocifisso ligneo, con i segni della sofferenza di Cristo ben evidenti. I santi rappresentati sono, da sinistra, Maria, la Maddalena, san Francesco (Monteripido era dopotutto un convento francescano) e san Giovanni evangelista.
Ancora più evidenti sono i richiami ad opere precedenti nell'Incoronazione della Vergine, impostata come un doppio registro con una mandorla superiore e un gruppo di astanti inferiore, risalente addirittura ai perduti affreschi della Sistina (1481-1482) e con il gruppo di apostoli già usato ad esempio con varianti nel Polittico di San Pietro (1496-1500 circa) e nella Pala dell'Annunziata (1504-1507). Più originale è invece la teoria di angeli con ghirlanda.
Il pittore più che all'originalità della composizione puntava soprattutto a un'esecuzione impeccabile e di altissima qualità, come è dimostrato dal disegno sottile e preciso, inciso in fase preparatoria forse con la punta d'argento, visibile solo tarmite riflettografie all'infrarosso; il colore a olio è corposo e spesso, pur senza venir meno la tipica delicatezza dell'artista. Ogni dettaglio è reso con grande cura ed attentamente studiata è la direzione della luce, con gli effetti che genera nello spessore dei panneggi e nella rifrazione dei colori cangianti.
Bibliografia [modifica]Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Storia
Il polittico era originariamente destinato a inquadrare un venerato crocifisso ligneo nella chiesa di San Francesco al Monte a Monteripido presso Perugia.
Descrizione e stile
L'opera è dipinta su entrambi i lati. Sul recto, attorno al Crocifisso mostra Angeli e Dolenti, sul verso l'Incoronazione della Vergine.
Come tipico di questa fase dell'artista in cui, all'apogeo del successo, teneva contemporanemanete bottega a Perugia e a Firenze, l'opera è impostata con un largo utilizzo di disegni e cartoni di repertorio, già sfruttato in altre opere. Ad esempio i personaggi attorno al crocifisso ricordano quelli della Crocifissione di Santa Maria Maddalena de' Pazzi a Firenze (1494-1496), mentre i due angeli simmetrici in volo, con le coppe con cui raccolgono il sangue dalla ferite di Cristo, derivano dalle rappresentazioni dell'Orazione nell'orto, come quella degli Uffizi (1483-1495 circa). Il tono aulico delle figure di Perugino contrasta col vigore espressivo del crocifisso ligneo, con i segni della sofferenza di Cristo ben evidenti. I santi rappresentati sono, da sinistra, Maria, la Maddalena, san Francesco (Monteripido era dopotutto un convento francescano) e san Giovanni evangelista.
Ancora più evidenti sono i richiami ad opere precedenti nell'Incoronazione della Vergine, impostata come un doppio registro con una mandorla superiore e un gruppo di astanti inferiore, risalente addirittura ai perduti affreschi della Sistina (1481-1482) e con il gruppo di apostoli già usato ad esempio con varianti nel Polittico di San Pietro (1496-1500 circa) e nella Pala dell'Annunziata (1504-1507). Più originale è invece la teoria di angeli con ghirlanda.
Il pittore più che all'originalità della composizione puntava soprattutto a un'esecuzione impeccabile e di altissima qualità, come è dimostrato dal disegno sottile e preciso, inciso in fase preparatoria forse con la punta d'argento, visibile solo tarmite riflettografie all'infrarosso; il colore a olio è corposo e spesso, pur senza venir meno la tipica delicatezza dell'artista. Ogni dettaglio è reso con grande cura ed attentamente studiata è la direzione della luce, con gli effetti che genera nello spessore dei panneggi e nella rifrazione dei colori cangianti.
Bibliografia [modifica]Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - pala di Monteripido- Incoronazione della Vergine.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Pala della Trasfigurazione.
a Pala della Trasfigurazione è un dipinto a olio su tavola (290x185 cm) di Pietro Perugino, databile al 1517 e conservato nella Galleria nazionale dell'Umbria aPerugia.
Descrizione e stile
Lo schema della composizione è importato su due registri paralleli quasi non comunicanti, con la il Cristo che trasfigura entro una mandorla di luce tra cherubini eserafini, affiancato dai profeti Mosé ed Elia, mentre in basso i tre apostoli Giovanni, Pietro e Giacomo assistono stupefatti all'apparizione, immersi nel dolcissimo pesaggio umbro fatto di colline ed esili alberelli che sfumano in lontananza.
Si tratta di uno schema ampiamente replicato nel repertorio dell'artista. Il prototipo di questa composizione su due registri con la mandorla sullo sfondo del cielo era la perduta Assunta della Cappella Sistina, replicata in numerosissime pale d'altare nei decenni successivi, pur con soggetti diversi come in questo caso. La divisione in due tronconi qui è particolarmente sottolineata dalla fascia orizzontale di nubi, che taglia la mandorla per evitare una troppa rigidità geometrica, come avviene anche in altre opere, con la cesura magari sul lato superiore. Un altro esempio di diretta influenza è la Trafigurazione della Sala delle Udienze del Collegio del Cambio aPerugia.
Le opere di quegli anni si contraddistinguono per una maggiore semplicità, con meno personaggi e meno elementi decorativi, facendo dominare piuttosto la ricchezza del colore e la profondità del paesaggio. Le pose sono misurate e piacevoli, importate a ritmi e simmetrie con lievi variazioni (come nelle pose complementari dei due profeti). Nonostante il miracolo, i sentimenti degli apostoli sono estremanente pacati e controllati: più convincente quello di Giacomo a destra, più retorico quello di Giovanni a sinistra.
Descrizione e stile
Lo schema della composizione è importato su due registri paralleli quasi non comunicanti, con la il Cristo che trasfigura entro una mandorla di luce tra cherubini eserafini, affiancato dai profeti Mosé ed Elia, mentre in basso i tre apostoli Giovanni, Pietro e Giacomo assistono stupefatti all'apparizione, immersi nel dolcissimo pesaggio umbro fatto di colline ed esili alberelli che sfumano in lontananza.
Si tratta di uno schema ampiamente replicato nel repertorio dell'artista. Il prototipo di questa composizione su due registri con la mandorla sullo sfondo del cielo era la perduta Assunta della Cappella Sistina, replicata in numerosissime pale d'altare nei decenni successivi, pur con soggetti diversi come in questo caso. La divisione in due tronconi qui è particolarmente sottolineata dalla fascia orizzontale di nubi, che taglia la mandorla per evitare una troppa rigidità geometrica, come avviene anche in altre opere, con la cesura magari sul lato superiore. Un altro esempio di diretta influenza è la Trafigurazione della Sala delle Udienze del Collegio del Cambio aPerugia.
Le opere di quegli anni si contraddistinguono per una maggiore semplicità, con meno personaggi e meno elementi decorativi, facendo dominare piuttosto la ricchezza del colore e la profondità del paesaggio. Le pose sono misurate e piacevoli, importate a ritmi e simmetrie con lievi variazioni (come nelle pose complementari dei due profeti). Nonostante il miracolo, i sentimenti degli apostoli sono estremanente pacati e controllati: più convincente quello di Giacomo a destra, più retorico quello di Giovanni a sinistra.
Perugino - Madonna col Bambino e i Santi Ercolano e Costanzo.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - San Giovanni Battista e Santi .
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Perugino - Beato Giacomo della Marca.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Piero della Francesca - Polittico di Sant'Antonio.
l Polittico di Sant'Antonio è un'opera, tecnica mista su tavola (338x230 cm), di Piero della Francesca, databile al 1460-1470 circa e conservata nellaGalleria nazionale dell'Umbria di Perugia.
Storia
L'opera, destinata al convento di Sant'Antonio di Perugia venne cominciata poco dopo il rientro da Roma, verso il 1460. Come il Polittico della Misericordia si tratta di un'opera di impostazione arcaica, sicuramente su richiesta dei committenti, con le figure principali dipinte su un prezioso fondo d'oro bulinato, con un motivo che imita le stoffe preziose, forse ispirato a modelli iberici che l'artista poteva aver visto durante il soggiorno romano. Decisamente moderno è invece il riquadro superiore dell'Annunciazione. L'opera venne citata da Vasari.
Descrizione e stile
L'opera è composta da nove pannelli, con una compenetrazione tra i pannelli più unitaria della Pala della Misericordia, fosse solo per i santi disposti a coppie invece che isolati sotto il proprio arco. Le colonnette divisorie tortili in gesso vennero aggiunte solo in epoca tarda. Lo stile e le qualità dei vari scomparti non sono uniformi, con diverse parti stimate lavori di assistenti.
Il registro principale mostra la Vergine in trono col Bambino, al di sotto di una nicchia marmorea con cupoletta a cassettoni, che ricorda molto da vicino l'architettura che farà da sfondo alla Pala di Brera. Il Bambino è benedicente e reca in mano un fiore rosso, prefigurazione del sangue della Passione. La posizione della Vergine, leggermenete curva, e la solida fisicità del Bambino sembrano un omaggio all'arte di Masaccio, in particolare alla Madonna in trono con Bambino del Polittico di Pisa.
Ai lati si trovano due santi per lato, appoggiati su un gradino marmoreo che continua anche dietro il trono della Vergine. A sinistra sono presenti i Santi Antonio da Padova e Giovanni Battista, il primo riconoscibile dal saio francescano e dal libro che ricorda la sua familiarità con le Scritture, il secondo dalla capigliatura corvina, la barba, il vestito da eremita nel deserto, il bastone e il gesto che indica Gesù Bambino, come nel polittico della Misericordia. A destra si incontrano invece i Santi Francesco d'Assisied Elisabetta di Turingia: il primo mostra inequivocabilmente le stimmate e tiene in mano una croce incastonata di pietre come nella Pala di Brera; la seconda santa era figlia di Andrea II d'Ungheria e la sua leggenda narra che ella era solita portare del pane nascosto nel grembo ai bisognosi, contravvenendo a un divieto paterno, finché non venne scoperta da una guardia che le impose di mostrare il contenuto del grembo, ma miracolosamente ne uscirono solo rose.
Straordinariamente innovativa è la trattazione a specchio dei dischi scorciati delle aureole, dove si riflettono le teste dei santi.
L'Annunciazione AnnunciazioneSanti Francesco ed ElisabettaLa cimasa è occupata dalla straordinaria Annunciazione, ambientata in una magnifica scatola prospettica. A destra si trova l'Angelo e a sinistra la Vergine al di sotto di un loggiato, mentre tra i due si aprono gli archi di un altro braccio del loggiato, che fuggono in prospettiva centrale, creando uno lontano sfondamento prospettico che calamita l'occhio dello spettatore. La Vergine è colta nel momento dell'humiliatio, quando accetta il compito divino, mentre i raggi stanno raggiungendola dalla colomba dello Spirito Santo, posta in un quadrato di cielo in alto a destra. La sua collocazione nello spazio è molto complicata: guardano la sua testa essa sembra di fronte all'arco che la inquadra, guardando ai piedi invece si scopre come in realtà sia sotto la loggia; inoltre una ricostruzione in pianta dell'ambiente architettonico della scena ha dimostrato come sulla linea visuale tra l'Angelo e Maria si trovi una colonna (basta notare la griglia del pavimento e la sua corrispondenza con le colonne). La scena è inoltre inondata di una luce ultraterrena, direzionata da sinistra a destra, ma che assorbe incomprensibilmente le ombre delle colonne del loggiato al centro, le quali sfumano sul pavimento come mozziconi. La parte sinistra dell'ambientazione mostra un giardino al centro di un chiostro conventuale, una citazione dell'hortus conclusus che simboleggia la verginità di Maria.
Il salto stilistico tra l'Annunciazione e i pannelli inferiori ha fatto anche pensare che la prima sia frutto di un'aggiunta successiva.
I riquadri.
Sotto i tre pannelli principali si trovano altrettanti riquadri con medaglioni al centro, ma solo quelli alle estremità sono decorati da pitture. A sinistra si trova la mezza figura di Santa Chiara, con l'abito delle Clarisse, il libro e il giglio della purezza, a destra Sant'Agata, con in mano un piatto coi seni che le vennero amputati durante il martirio, simboleggiato dal ramo di palma che tiene n
Predella Particolare interesse rivestono i tre pannelli della predella, poiché sono gli unici riquadri di questo genere attribuibili a Piero della Francesca, sebbene con aiuti di assistenti. Da sinistra si trovano: Sant'Antonio resuscita un bambino, San Francesco riceve le stimmate e Sant'Elisabetta di Turingia salva un ragazzo caduto in un pozzo.
La scena del Miracolo di sant'Antonio (36x49 cm) è ambientata in un interno, dove Antonio, accompagnato da un altro eremita, riporta in vita con le sue preghiere un bambino morto, alla presenza della madre in lacrime. L'ambiente chiuso e finito richiama schemi tipici dell'arte italiana già usati ad esempio da Beato Angelico (per esempio la stanza della Guarigione del diacono Giustiniano), anche se in questo caso l'uso della luce è più articolato, con un'invisibile apertura che illumina solo metà del dipinto da sinistra verso destra. Notevole è poi la piccola ma curatissima natura morta dell'armadio a muro (come nella futura Madonna di Senigallia), con due pilastrini con capitelli scolpiti, un orciolo e una bottiglia panciuta di vetro.
La scena delle Stimmate di san Francesco (36x51 cm) è forse la più interessante delle tre per l'insolita ambientazione notturna, della quale aveva dato già prova nell'affresco aretino del Sogno di Costantino. Se la composizione è infatti abbastanza convenzionale, di derivazione giottesca, la scena si riscatta nel gioco di luci ed ombre notturne, così raro nell'arte del primo Rinascimento anche in artisti tecnicamente attrezzati.
L'ultima scena, con il Miracolo di sant'Elisabetta (39x49 cm) è ambientata in una via cittadina, dove un pozzo, al centro di una piazzetta tra case, ha perso un pezzo di balaustra facendovi cadere dentro un bambino, che probabilmente abita nella casa di fronte, come suggerirebbe la porta succhiusa. Due personaggi aiutano a contestualizzare la dinamica della scena: una donna che guarda giù nel pozzo e un uomo che accorre, dotato di corda con un rampino legato all'estremità. La madre allora si getta in ginocchio per pregare sant'Elisabetta, la quale appare in alto entro una nuvola, facendo tornare in superficie il bambino sano e salvo, che appare in primo piano inginocchiato a ringraziare la santa.
Storia
L'opera, destinata al convento di Sant'Antonio di Perugia venne cominciata poco dopo il rientro da Roma, verso il 1460. Come il Polittico della Misericordia si tratta di un'opera di impostazione arcaica, sicuramente su richiesta dei committenti, con le figure principali dipinte su un prezioso fondo d'oro bulinato, con un motivo che imita le stoffe preziose, forse ispirato a modelli iberici che l'artista poteva aver visto durante il soggiorno romano. Decisamente moderno è invece il riquadro superiore dell'Annunciazione. L'opera venne citata da Vasari.
Descrizione e stile
L'opera è composta da nove pannelli, con una compenetrazione tra i pannelli più unitaria della Pala della Misericordia, fosse solo per i santi disposti a coppie invece che isolati sotto il proprio arco. Le colonnette divisorie tortili in gesso vennero aggiunte solo in epoca tarda. Lo stile e le qualità dei vari scomparti non sono uniformi, con diverse parti stimate lavori di assistenti.
Il registro principale mostra la Vergine in trono col Bambino, al di sotto di una nicchia marmorea con cupoletta a cassettoni, che ricorda molto da vicino l'architettura che farà da sfondo alla Pala di Brera. Il Bambino è benedicente e reca in mano un fiore rosso, prefigurazione del sangue della Passione. La posizione della Vergine, leggermenete curva, e la solida fisicità del Bambino sembrano un omaggio all'arte di Masaccio, in particolare alla Madonna in trono con Bambino del Polittico di Pisa.
Ai lati si trovano due santi per lato, appoggiati su un gradino marmoreo che continua anche dietro il trono della Vergine. A sinistra sono presenti i Santi Antonio da Padova e Giovanni Battista, il primo riconoscibile dal saio francescano e dal libro che ricorda la sua familiarità con le Scritture, il secondo dalla capigliatura corvina, la barba, il vestito da eremita nel deserto, il bastone e il gesto che indica Gesù Bambino, come nel polittico della Misericordia. A destra si incontrano invece i Santi Francesco d'Assisied Elisabetta di Turingia: il primo mostra inequivocabilmente le stimmate e tiene in mano una croce incastonata di pietre come nella Pala di Brera; la seconda santa era figlia di Andrea II d'Ungheria e la sua leggenda narra che ella era solita portare del pane nascosto nel grembo ai bisognosi, contravvenendo a un divieto paterno, finché non venne scoperta da una guardia che le impose di mostrare il contenuto del grembo, ma miracolosamente ne uscirono solo rose.
Straordinariamente innovativa è la trattazione a specchio dei dischi scorciati delle aureole, dove si riflettono le teste dei santi.
L'Annunciazione AnnunciazioneSanti Francesco ed ElisabettaLa cimasa è occupata dalla straordinaria Annunciazione, ambientata in una magnifica scatola prospettica. A destra si trova l'Angelo e a sinistra la Vergine al di sotto di un loggiato, mentre tra i due si aprono gli archi di un altro braccio del loggiato, che fuggono in prospettiva centrale, creando uno lontano sfondamento prospettico che calamita l'occhio dello spettatore. La Vergine è colta nel momento dell'humiliatio, quando accetta il compito divino, mentre i raggi stanno raggiungendola dalla colomba dello Spirito Santo, posta in un quadrato di cielo in alto a destra. La sua collocazione nello spazio è molto complicata: guardano la sua testa essa sembra di fronte all'arco che la inquadra, guardando ai piedi invece si scopre come in realtà sia sotto la loggia; inoltre una ricostruzione in pianta dell'ambiente architettonico della scena ha dimostrato come sulla linea visuale tra l'Angelo e Maria si trovi una colonna (basta notare la griglia del pavimento e la sua corrispondenza con le colonne). La scena è inoltre inondata di una luce ultraterrena, direzionata da sinistra a destra, ma che assorbe incomprensibilmente le ombre delle colonne del loggiato al centro, le quali sfumano sul pavimento come mozziconi. La parte sinistra dell'ambientazione mostra un giardino al centro di un chiostro conventuale, una citazione dell'hortus conclusus che simboleggia la verginità di Maria.
Il salto stilistico tra l'Annunciazione e i pannelli inferiori ha fatto anche pensare che la prima sia frutto di un'aggiunta successiva.
I riquadri.
Sotto i tre pannelli principali si trovano altrettanti riquadri con medaglioni al centro, ma solo quelli alle estremità sono decorati da pitture. A sinistra si trova la mezza figura di Santa Chiara, con l'abito delle Clarisse, il libro e il giglio della purezza, a destra Sant'Agata, con in mano un piatto coi seni che le vennero amputati durante il martirio, simboleggiato dal ramo di palma che tiene n
Predella Particolare interesse rivestono i tre pannelli della predella, poiché sono gli unici riquadri di questo genere attribuibili a Piero della Francesca, sebbene con aiuti di assistenti. Da sinistra si trovano: Sant'Antonio resuscita un bambino, San Francesco riceve le stimmate e Sant'Elisabetta di Turingia salva un ragazzo caduto in un pozzo.
La scena del Miracolo di sant'Antonio (36x49 cm) è ambientata in un interno, dove Antonio, accompagnato da un altro eremita, riporta in vita con le sue preghiere un bambino morto, alla presenza della madre in lacrime. L'ambiente chiuso e finito richiama schemi tipici dell'arte italiana già usati ad esempio da Beato Angelico (per esempio la stanza della Guarigione del diacono Giustiniano), anche se in questo caso l'uso della luce è più articolato, con un'invisibile apertura che illumina solo metà del dipinto da sinistra verso destra. Notevole è poi la piccola ma curatissima natura morta dell'armadio a muro (come nella futura Madonna di Senigallia), con due pilastrini con capitelli scolpiti, un orciolo e una bottiglia panciuta di vetro.
La scena delle Stimmate di san Francesco (36x51 cm) è forse la più interessante delle tre per l'insolita ambientazione notturna, della quale aveva dato già prova nell'affresco aretino del Sogno di Costantino. Se la composizione è infatti abbastanza convenzionale, di derivazione giottesca, la scena si riscatta nel gioco di luci ed ombre notturne, così raro nell'arte del primo Rinascimento anche in artisti tecnicamente attrezzati.
L'ultima scena, con il Miracolo di sant'Elisabetta (39x49 cm) è ambientata in una via cittadina, dove un pozzo, al centro di una piazzetta tra case, ha perso un pezzo di balaustra facendovi cadere dentro un bambino, che probabilmente abita nella casa di fronte, come suggerirebbe la porta succhiusa. Due personaggi aiutano a contestualizzare la dinamica della scena: una donna che guarda giù nel pozzo e un uomo che accorre, dotato di corda con un rampino legato all'estremità. La madre allora si getta in ginocchio per pregare sant'Elisabetta, la quale appare in alto entro una nuvola, facendo tornare in superficie il bambino sano e salvo, che appare in primo piano inginocchiato a ringraziare la santa.
Piero della Francesca - Polittico di Perugia - Madonna col Bambino.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Pinturicchio - Pala di Santa Maria dei Fossi.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Title. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Pinturicchio - Pala s.Maria dei fossi.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Pinturicchio - San Bernardino libera un prigioniero.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Pinturicchio - San Bernardino guarisce un cieco.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Pinturicchio - San Bernardino richiama alla vita un uomo morto.
Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.