CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
Fai clic qui per effettuare modifiche.La Cappella degli Scrovegni (detta anche dell'Arena) si trova nel centro storico di Padova e ospita un celeberrimo ciclo di affreschi di Giotto dei primi del XIV secolo, considerato uno dei capolavori dell'arte occidentale. Internamente è lunga 29,26 metri, larga 12,80 e alta 8,48 nel punto maggiore[1].
.Intitolata a Santa Maria della Carità, la cappella fu fatta costruire e affrescare tra il 1303 e i primi mesi del 1305 da Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere padovano, a beneficio della sua famiglia e dell'intera popolazione cittadina. Lo Scrovegni, nel febbraio del 1300 aveva acquistato da Manfredo Dalesmanini l'intera area dell'antica arena romana di Padova e vi aveva eretto un sontuoso palazzo, di cui la cappella era l'oratorio privato e il futuro mausoleo familiare. Incaricò di affrescare la cappella il fiorentino Giotto, il quale, dopo aver lavorato con i francescani di Assisi e di Rimini, era a Padova chiamato forse dai frati minori conventuali a dipingere qualcosa presso la loro Basilica di Sant'Antonio[2].
DESCRIZIONE
L'esterno della cappella si presenta come una costruzione, più volte modificata nel corso dei secoli, con mattoni a vista e tetto a due falde.
La cappella è a navata unica, coperta da volta a botte e con pareti lisce, senza nervature, perfette per la stesura di affreschi; sul lato dell'altare si trova un coretto, affrescato più tardi, verso il 1315-1325, da un giottesco locale, il cosiddetto "Maestro del coro Scrovegni" con Episodi della vita di Maria Vergine: Funerali, Transito, Assunzione e Incoronazione, oltre a fasce con Santi. La lunetta sopra il tabernacolo mostra il Redentore, l'Orazione nel Getsemani e la Flagellazione, della mano dello stesso maestro. Una Madonna col Bambino in una nicchia è attribuita a Giusto de' Menabuoi e riferita alla seconda metà del Trecento.
Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna col Bambino e due angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni stesso.
CICLO PITTORICO
Giotto stese gli affreschi su tutta la superficie, organizzati in quattro fasce dove sono composti i pannelli con le storie vere e proprie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche[1]. La forma asimmetrica della cappella, con sei finestre solo su un lato, determinò il modulo della decorazione: una volta scelto di inserire due riquadri negli spazi tra le finestre, si calcolò poi l'ampiezza delle fasce ornamentali per inserirne altrettanti di eguale misura sull'altra parete[7].
Il ciclo pittorico, incentrato sul tema della salvezza, comprende più di quaranta scene ed è focalizzato sulle Storie di Cristo e su quelle che lo precedettero (Storie di Gioacchino e Storie di Maria), fino alla Pentecoste. La narrazione si svolge secondo un programma decorativo rigoroso, organizzato su tre registri. Sulla controfacciata si trova poi un grande Giudizio Universale[1].
DESCRIZIONE
L'esterno della cappella si presenta come una costruzione, più volte modificata nel corso dei secoli, con mattoni a vista e tetto a due falde.
La cappella è a navata unica, coperta da volta a botte e con pareti lisce, senza nervature, perfette per la stesura di affreschi; sul lato dell'altare si trova un coretto, affrescato più tardi, verso il 1315-1325, da un giottesco locale, il cosiddetto "Maestro del coro Scrovegni" con Episodi della vita di Maria Vergine: Funerali, Transito, Assunzione e Incoronazione, oltre a fasce con Santi. La lunetta sopra il tabernacolo mostra il Redentore, l'Orazione nel Getsemani e la Flagellazione, della mano dello stesso maestro. Una Madonna col Bambino in una nicchia è attribuita a Giusto de' Menabuoi e riferita alla seconda metà del Trecento.
Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna col Bambino e due angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni stesso.
CICLO PITTORICO
Giotto stese gli affreschi su tutta la superficie, organizzati in quattro fasce dove sono composti i pannelli con le storie vere e proprie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche[1]. La forma asimmetrica della cappella, con sei finestre solo su un lato, determinò il modulo della decorazione: una volta scelto di inserire due riquadri negli spazi tra le finestre, si calcolò poi l'ampiezza delle fasce ornamentali per inserirne altrettanti di eguale misura sull'altra parete[7].
Il ciclo pittorico, incentrato sul tema della salvezza, comprende più di quaranta scene ed è focalizzato sulle Storie di Cristo e su quelle che lo precedettero (Storie di Gioacchino e Storie di Maria), fino alla Pentecoste. La narrazione si svolge secondo un programma decorativo rigoroso, organizzato su tre registri. Sulla controfacciata si trova poi un grande Giudizio Universale[1].
STORIE DI GIOCCHINO E DI MARIA
Cacciata di Giacchino dal tempio
La Cacciata di Gioacchino è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È l'affresco in cui hanno inizio le storie, in particolare quelle di Gioacchino e Anna, e fu probabilmente il primo ad essere dipinto dell'intero ciclo, dopo l'affrescatura della volta.
Una consuetudine ebraica riteneva le coppie sterili ignominiose poiché non benedette da Dio e quindi indegne di sacrificare nel Tempio. L'anziano Gioacchino, che non ha avuto figli, si era infatti recato per portare un agnello e ne viene scacciato da un sacerdote (riconoscibile per il particolare copricapo arrotolato). All'interno del Tempio, dall'architettura che ricorda le basiliche romane, un altro sacerdote sta invece benedicendo un giovane, per contrasto con la vicenda di Gioacchino: il dramma psicologico e umano dell'anziano è così evidenziato più che mai, nell'eloquenza di gesti e espressioni.
Il Tempio di Gerusalemme è rappresentato come un'architettura aperta circondata da un alto parapetto con specchiature marmoree, dal quale si levano un ciborio arnolfiano e una sorta di pulpito con una scaletta che lo raggiunge. Vi sono presenti linee di forza che guidano l'occhio dell'osservatore verso i fulcri narrativi. L'artista dispose l'architettura con uno scorcio sfasato orientando l'azione verso destra, in modo da assecondare la lettura delle storie: la scena si trova infatti nel registro superiore della parete destra in angolo con l'arcone della parete dell'altare e la scena successiva si sviluppa appunto verso destra. La stessa architettura, ma con un punto di vista diverso, ricompare anche nell'affresco della Presentazione di Maria al Tempio.
Giacchino si ritira fra i pastori
Dopo la cacciata dal Tempio, Gioacchino si ritira in penitenza tra i pastori che tengono il suo gregge in montagna. La mortificazione dell'uomo è espressa efficacemente dal suo andare mesto e raccolto, a testa bassa, a differenza del cagnolino che gli si fa incontro festoso. I due pastori, davanti a lui, si guardano pensierosi. Una quinta rocciosa ad hoc evidenza le figure umane e il nucleo narrativo della scena. A destra si trova la capanna da cui escono le piccole pecore e che culmina in alto in uno sperone di roccia scheggiata, alla bizantina. Alberelli spuntano qua e là stagliandosi sullo sfondo.
ANNNCIO DELL?ANGELO A SANT'ANNA
La scena raffigura sant'Anna, donna di mezza età, mentre prega nella sua stanza e un angelo le porta l'annuncio della sua prossima maternità: la coppia, ormai avanti con gli anni, non aveva infatti avuto figli e ciò, secondo la tradizione ebraica, era segno di ignominia e di inimicizia con Dio, fatto che aveva causato a suo marito, Gioacchino, la cacciata dal Tempio di Gerusalemme. L'angelo, secondo lo Pseudo Matteo (2, 3-4), le dice: «Non temere Anna. Dio ha stabilito di esaudire la tua preghiera. Chi nascerà da te sarà di ammirazione per tutti i secoli».
L'iconografia si rifà a quella classica dell'Annunciazione, qui calata in un contesto domestico e quotidiano rappresentato con amorevole cura del dettaglio.
L'iconografia si rifà a quella classica dell'Annunciazione, qui calata in un contesto domestico e quotidiano rappresentato con amorevole cura del dettaglio.
SACRIFICIO DI GIOACCHINO.
.Gioacchino, ritiratosi tra i pastori in penitenza e ignaro del miracoloso annuncio alla moglie, decide di offrire un sacrificio a Dio per ingraziarselo e concedergli la nascita di un figlio. Alla presenza di un pastore che prega, con vicino una parte del gregge, l'anziano si sporge verso l'altare per soffiare sul fuoco e cuocere l'agnello. Il sacrificio viene accettato come dimostra l'apparire della mano benedicente di Dio in cielo e dell'arcangelo Gabriele (si riconosce dal ramo in mano). Dall'offerta sacrificale si leva una piccola figure di farte orante, un'apparizione simbolica in parte aggiunta a secco e oggi semi-scomparsa.
IL SOGNO DI GIACCHINO
L'uomo anziano si è addormentato davanti alla capanna delle greggi e un angelo gli appare in sogno annunciandogli la prossima nascita di Maria, sua figlia. Il testo dell'annuncio è riportato nello Pseudo-Matteo (3,4): «Io sono il tuo angelo custode; non aver paura. Ritorna da Anna, tua consorte, perché le tue opere di misericordia sono state narrate a Dio e siete stati esauditi nelle vostre preghiere». L'angelo tiene in mano un bastone impugnanto come uno scettro, dal quale fuoriescono in cima tre foglioline, simbolo della Trinità. La figura di Gioacchino accovacciato e dormiente è una massa plastica piramidale di stampo scultoreo, col panneggio trattato in modo da rendere visibile il corpo sottostante, amplificato nella massa, e lo stringersi del tessuto per avvolgere il corpo. La figura è stata messa in relazione con una analoga di Giovanni Pisano (da alcuni attribuita ad Arnolfo di Cambio) nel pulpito del Duomo di Siena.
INCONTRO ALLA PORTA D'ORO
Dopo essere stato cacciato dal Tempio di Gerusalemme per essere ritenuto sterile (e quindi non benedetto da Dio), Gioacchino si rifugiò in ritiro presso i pastori delle montagne. Nel frattempo Anna, convinta di essere rimasta vedova, aveva avuto un miracoloso annuncio da un angelo che le aveva rivelato che presto avrebbe avuto un bambino. Nel frattempo anche Gioacchino aveva sognato un angelo, che lo confortava come Dio avesse ascoltato le sue preghiere e dovesse tornare a casa dalla moglie. La scena mostra dunque l'incontro tra i due, che secondo lo Pseudo Matteo (3,5), avvenne davanti alla Porta d'Oro o Porta Aurea (She'ar Harahamim) di Gerusalemme, dopo che entrambi erano stati avvisati da messaggeri divini. Da sinistra proviene infatti Gioacchino, seguito da un pastore, e da destra Anna, seguita da un gruppo di donne diversificate per classe sociale, studiate accuratamente nelle acconciature e negli abiti. I due consorti vanno incontro l'uno all'altro e, subito fuori dalla porta, su un ponticello, si scambiano un affettuoso bacio, che allude alla procreazione (senza macchia): infatti Anna rimase subito dopo incinta.
NATIVITA' di MARIA
Ambientata nella stessa identica abitazione di sant'Anna che appare nell'Annuncio, la scena mostra l'anziana donna che sdraiata nel proprio letto (uguale è anche la coperta a righe), ha appena partorito e riceve la figlia fasciata da una levatrice, mentre una seconda le sta per porgere qualcosa da mangiare. La scena mostra inoltre altri due episodi: in basso due aiutanti hanno appena fatto il primo bagnetto alla neonata e l'hanno fasciata (una tiene ancora in grembo un rotolo di stoffa), mentre all'ingresso dell'abitazione un'altra fantesca riceve da una donna vestita di bianco un pacchetto di panni.
PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO
Il Tempio di Gerusalemme è lo stesso rappresentato nella prima scena, quella della Cacciata di Gioacchino, ma qui visto da un punto diverso. Siamo infatti all'entrata, dove fronteggia il pulpito raggiungibile dalla scala marmorea, col ciborio dalle colonnette tortili più arretrato. Maria adolescente sale i gradini del Tempio accompagnata dalla madre (indossante un mantello di un rosso inteso da cui sporge la sua solita veste arancio), seguita da un servo che tiene sulla schiena un cesto pieno di panni e dallo sguardo del padre Gioacchino. Essa viene accolta dal sacerdote che le tende le braccia e da una serie di ragazze vestite come suore: il periodo trascorso al Tempio di Gerusalemme per le fanciulle era infatti simile a un ritiro monastico e nelle storie mariane sottolinea il suo restare vergine, uscendovi solo per sposare l'anziano Giuseppe, che quindi (è sottinteso) non la possederà.
CONSEGNA DELLE VERGHE
Maria è in età da matrimonio ed è reclusa dentro il Tempio di Gerusalemme, dove vive come un monaca. Prima di darla in sposa un annuncio divino fa presente che solo chi avrà il miracolo di vedere fiorita una verga che porterà con sé potrà maritare la fanciulla. Ecco allora che i pretendenti portano le verghe al sacerdote, posto dietro un altare coperto da una stoffa preziosa. Tra di essi, ultimo nella fila, c'è anche l'anziano Giuseppe, l'unico con l'aureola
PREGHIERE PER LA FIORITURA DELLE VERGHE
SPOSALIZIO DELLA VERGINE
Dio ha scelto come sposo di Maria l'anziano e pio Giuseppe, facendo miracolosamente fiorire una verga da lui portata al Tempio di Gerusalemme (l'evento miracoloso è sottolineato dalla comparsa della colomba dello Spirito Santo sul bastone), in modo da mantenere la castità della sposa. Il sacerdote sta celebrando il matrimonio tenendo le mani degli sposi mentre Giuseppe mette l'anello alla sposa; vicino a lui sta l'inserviente del Tempio vestito di verde. Maria è esile a slanciata, come nelle sculture gotiche coeve, ed ha una mano sul ventre che simboleggia la futura gravidanza. Dietro Maria sta un gruppo di tre donne, tra cui una incinta ripete il gesto di toccarsi il ventre, mentre dietro Giuseppe sta un uomo che ha la bocca aperta e solleva la mano, probabilmente un testimone che sta parlando, e più indietro stanno i giovani non scelti da Dio, in varie espressioni tra cui quella del ragazzo che spezza la sua verga col ginocchio, un episodio che non manca mai nell'iconografia del matrimonio della Vergine.
CORTEO NUZIALE DI MARIA.
.La scena del Corteo nuziale è molto rara e di difficile interpretazione. Probabilmente si rifà al Protovangelo di Giacomo in cui si narra come Maria e altre sette vergini nel recarsi presso il gran sacerdote (che doveva consegnare loro delle stoffe per addobbare il Tempio), accompagnate dai servi del Tempio, incontrino tre suonatori e si fermino ad ascoltarli. Altre interpretazioni pensano ai novelli sposi diretti verso casa (ma non c'è traccia di Giuseppe), altre a Maria che, con sette compagne, va a trovare i propri genitori in Galilea. Di difficile interpretazione simbolica è il ramo d'arbusto che esce da un balcone di un edificio.
DIO INVIA L?ARCANGELO GABRIELE
Dall'alto del suo trono Dio comanda all'arcangelo Gabriele la sua missione da compire con l'Annunciazione. I gradini del trono, così solenne nella sua centralità, ricordano la volta dei Dottori della Chiesa ad Assisi. Due gruppi vari e movimentati di angeli si trovano a destra e a sinistra e rappresentano le legioni angeliche. Il raro prologo in cielo della frequentemente rappresentata scena dell'annunciazione, mostra la formazione della decisione divina, che più in basso ha la sua attuazione terrena.
ANNUNCIAZIONE
L'angelo (a sinistra) e Maria (a destra) sono entrambi inginocchiati e, nonostante la distanza fisica, sembrano rivolgersi un intenso sguardo; c'è anche chi ha ipotizzato che le due architetture siano convenzionalmente da intendersi l'una di fronte all'altra.
Lo sfondo scuro delle stanze, illuminato dalla luce rossa dell'amore divino, fa imporre l'Annunciazione immediatamente allo spettatore che entra nella cappella: l'antica titolazione dell'edificio sacro era infatti all'Annunziata. I gesti sono lenti e calibrati, di una lentezza solenne. La figura di Maria, che nelle scene precedenti era una fanciulla esile e timorosa, qui è trattata come personalità forte e drammatica, di notevole potenza espressiva, come avverrà poi negli episodi seguenti. Le sue braccia incrociate sono in un suggestivo scorcio.
Lo sfondo scuro delle stanze, illuminato dalla luce rossa dell'amore divino, fa imporre l'Annunciazione immediatamente allo spettatore che entra nella cappella: l'antica titolazione dell'edificio sacro era infatti all'Annunziata. I gesti sono lenti e calibrati, di una lentezza solenne. La figura di Maria, che nelle scene precedenti era una fanciulla esile e timorosa, qui è trattata come personalità forte e drammatica, di notevole potenza espressiva, come avverrà poi negli episodi seguenti. Le sue braccia incrociate sono in un suggestivo scorcio.
VISITAZIONE
L'incontro tra Maria ed Elisabetta avviene al di fuori di un edificio con un portichetto retto da eleganti e sottili colonne in marmo screziato, con un fregio di girali all'antica e mensolette dello stesso materiale. Elisabetta, rappresentata più anziana, si piega verso Maria abbracciandola e rendendole omaggio. Due donne sono dietro Maria, elegantemente longilinee, una delle quali tiene un telo che le ricade dalla spalla, forse un'allusione ai nascituri che andranno fasciati. La donna dietro Elisabetta invece, che indossa una cuffia, poggia una mano sul grembo, gesto tipico delle donne incinta, a simboleggiare lo stato delle due protagoniste.
NATIVITA'
.Un paesaggio roccioso fa da sfondo alla scena della Natività, tutta incentrata in primo piano. Maria è infatti distesa su un declivio roccioso, coperto da una struttura lignea, ed ha appena partorito Gesù, mettendolo, già fasciato, nella mangiatoia, aiutata da un'inserviente, davanti alla quale spuntano il bue e l'asinello. Giuseppe sta accovacciato in basso dormiente, come tipico dell'iconografia, a sottolineare il suo ruolo non attivo nella procreazione; la sua espressione è incantata e sognante. Il manto di Maria, un tempo azzurro lapislazzuli steso a secco, è andato oggi in larga parte perduto, scoprendo la stesura sottostante della veste rossa. A sinistra si svolge l'annuncio ai pastori, due, raffigurati di spalle vicini al proprio gregge, mentre dall'alto un angelo li istruisce sull'evento miracoloso. Altri quattro angeli volano sopra la capanna e rivolgono gesti di preghiera al fanciullo nato e a Dio nei cieli.
Originale è il taglio prospettico dell'architettura, capace di rinnovare la statica tradizione bizantina dell'iconografia. Solide sono le figure, soprattutto quella della Madonna e quella di Giuseppe, che fanno pensare a modelli scultorei, di Giovanni Pisano. La tensione della Madonna nell'azione e l'attenzione che essa rivolge al figlio sono brani di grande poesia, che sciolgono in un'atmosfera umana e affettuosa il racconto sacro. L'inserimento delle figure nello spazio è efficacemente risolta e gli atteggiamenti sono spontanei e sciolti, anche negli animali.
Originale è il taglio prospettico dell'architettura, capace di rinnovare la statica tradizione bizantina dell'iconografia. Solide sono le figure, soprattutto quella della Madonna e quella di Giuseppe, che fanno pensare a modelli scultorei, di Giovanni Pisano. La tensione della Madonna nell'azione e l'attenzione che essa rivolge al figlio sono brani di grande poesia, che sciolgono in un'atmosfera umana e affettuosa il racconto sacro. L'inserimento delle figure nello spazio è efficacemente risolta e gli atteggiamenti sono spontanei e sciolti, anche negli animali.
ADORAZIONE DEI MAGI
Maria, vestita da una veste rosso inteso con bordature d'oro e da un manto di blu oltremare (quasi completamente perduto), offre il figlio in fasce e coperto da una mantellina verde pastello all'adorazione dei Re Magi, accorsi seguendo la stella cometa che si vede in alto. Ciascuno ha i calzari rossi, simbolo di regalità
PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO
Secondo la tradizione ebraica dopo la nascita di un figlio le donne dovevano presentarsi al tempio per fare dei bagni rituali di purificazione. In ambito cristiano la scena è vista come una sorta di rito di accettazione del bambino nella comunità, spesso associato al rito della circoncisione, che era accompagnato dall'offerta di due colombe, come infatti porta Giuseppe in un cesto. Gesù è affidato a Simeone, il sacerdote con l'aureola, figura di forte intensità espressiva. Una donna si trova vicino Giuseppe, semplice spettatrice, mentre dall'altro lato fa la sua comparsa la Profetessa Anna, con tanto di cartiglio, che è scossa dalla sua profezia che riconosce il Bambino nel "redentore di Gerusalemme". Un angelo, impugnante una verga dorata col trifoglio in cima, simbolo della Trinità, compare poi in cielo a testimoniare la sovrannaturalità dell'evento.
FUGA IN EGITTO
Un angelo appare in cielo e con gesto eloquente invita la Sacra Famiglia alla fuga, per scampare alla futura strage degli innocenti. La scena mostra Maria al centro seduta su un asino e reggente il figlio in grembo grazie a una sciarpa rigata annodata al collo. Indossa la veste rossa e un manto che, originariamente, era blu oltremare, si cui restano solo poche tracce. Un inserviente, munito di borraccia alla cintura, guida l'animale conversando amorevolmente con Giuseppe, che regge un cesto o una sorta di fiasco e porta un bastone in spalla. Chiudono il corteo tre aiutanti di Maria, che conversano con naturalezza tra di loro.
Strage degli Innocenti
.La scena, di crudo realismo, è una delle più drammatiche del ciclo, anche se nel 1951 Pietro Toesca ne rilevò una certa artificiosità e qualche difetto nel movimento dei personaggi ipotizzando la presenza di interventi di collaboratori, ipotesi poi ridimensionata dalla critica successiva.
Come in altre scene del ciclo l'architettura dello sfondo aiuta a definire i gruppi di figure e, in generale, facilitare la lettura della scena. In alto a sinistra, da un balcone coperto, Erode impartisce il comando di uccidere tutti i fanciulli nati negli ultimi mesi, stendendo eloquentemente il braccio. Destinatarie del provvedimento sono le madri disperate, raggruppate dietro un edificio a pianta centrale (ispirato al Battistero di Firenze o forse all'abside della chiesa di San Francesco a Bologna), che si vedono strappare i figli dal gruppo dei carnefici, in particolare i due al centro, armati e in pose dinamicamente drammatiche e trattati con colori cupi. In basso stanno già i corpi ammassati di numerosi fanciulli, che sembrano quasi travalicare la cornice dell'affresco per franare oltre. A sinistra infine alcuni spettatori mostrano tutto il loro turbamento abbassando la testa e facendo espressioni di rassegnata contrarietà.
Come in altre scene del ciclo l'architettura dello sfondo aiuta a definire i gruppi di figure e, in generale, facilitare la lettura della scena. In alto a sinistra, da un balcone coperto, Erode impartisce il comando di uccidere tutti i fanciulli nati negli ultimi mesi, stendendo eloquentemente il braccio. Destinatarie del provvedimento sono le madri disperate, raggruppate dietro un edificio a pianta centrale (ispirato al Battistero di Firenze o forse all'abside della chiesa di San Francesco a Bologna), che si vedono strappare i figli dal gruppo dei carnefici, in particolare i due al centro, armati e in pose dinamicamente drammatiche e trattati con colori cupi. In basso stanno già i corpi ammassati di numerosi fanciulli, che sembrano quasi travalicare la cornice dell'affresco per franare oltre. A sinistra infine alcuni spettatori mostrano tutto il loro turbamento abbassando la testa e facendo espressioni di rassegnata contrarietà.
GESU' FRA i DOTTORI
Su un sedile il giovane Gesù, vestito di rosso, sta discutendo con dieci sapienti, raffigurati con la barba (come gli antichi filosofi) e avvolti in mantelli con cappucci. A sinistra Giuseppe e Maria accorrono. La Vergine distende le braccia dimostrando, con un gesto preso dalla quotidianità, la sua apprensione dovuta allo smarrimento del fanciullo. Anche Giuseppe solleva una mano, colto dallo stupore della situazione..
BATTESIMO DI GESU'
Al centro della scena Gesù, immerso fino a metà del busto nel Giordano, riceve il battesimo da Giovanni Battista che si sporge in avanti da una rupe. Dietro di esso sta un santo anziano e un giovane senza aureola, in attesa di essere battezzati. Dall'altra parte quattro angeli tengono i vestiti di Cristo e stanno pronti a ricoprirlo facendosi leggermente avanti. In alto, in un'esplosione luminosa, Dio Padre, con un libro in braccio, si sporge a benedire Cristo con un efficace scorcio, il primo del genere.
Anche le rocce dello sfondo, divergenti a forma di "V" contribuiscono a convergere l'attenzione dello spettatore verso il fulcro centrale della scena.
Anche le rocce dello sfondo, divergenti a forma di "V" contribuiscono a convergere l'attenzione dello spettatore verso il fulcro centrale della scena.
NOZZE DI CANA
La scena è ambientata in una stanza, convenzionalmente aperta verso il cielo ma da interndersi al chiuso, descritta con attenzione ai dettagli: drappi rossi rigati coprono le pareti, un fregio corre in alto e in alto stanno grate lignee traforate e rette da mensole, sulle quali si trovano dei vasi e degli elementi decorativi. Seguendo il Vangelo di Giovanni è mostrato il momento in cui Gesù, seduto a sinistra accanto allo sposo e vicino a un apostolo, benedice con un gesto l'acqua versata nelle grandi giare dall'altra parte della stanza e trasformandola in vino. Il grasso maestro di mensa assaggia con un bicchiere la bevanda e, stando al racconto evangelico, pronuncerebbe poi la frase "Tu hai conservato fino ad ora il vino buono!" (Gv 2, 7-11).
Il lato del tavolo rivolto allo spettatore ha al centro la sposa, vestita con un abito rosso ricamato con finezza, seduta accanto alla Madonna, anch'essa benedicente, e a un'altra ragazza con una corona di fiori in testa. Due inservienti stanno dall'altra parte del tavolo.
Il lato del tavolo rivolto allo spettatore ha al centro la sposa, vestita con un abito rosso ricamato con finezza, seduta accanto alla Madonna, anch'essa benedicente, e a un'altra ragazza con una corona di fiori in testa. Due inservienti stanno dall'altra parte del tavolo.
Resurrezione di Lazzaro
.La composizione è tradizionale, riscontrabile in miniature già a partire dal VI secolo. Gesù a sinistra incede e leva il braccio per benedire il cadavere di Lazzaro, fasciato e tenuto dai suoi familiari (una donna si copre il viso per evitare i cattivi odori e un'altra tiene il velo in modo che scopra solo gli occhi) mentre due servitori appoggiano il coperchio marmoreo della tomba che Cristo ha chiesto di rimuovere. Ecco che miracolosamente l'uomo risorge e gli astanti sono colti dalla sorpresa, meravigliandosi o prostrandosi ai piedi di Gesù. La figura al centro, che solleva un braccio, è stata giudicata come una delle più sciolte e realistiche dipinte dall'artista nel ciclo (Gnudi); anche l'uomo dietro di lui, vestito di rosso e che solleva entrambe le mani, è vivo e credibile. Il cadavere è molto realistico, con le labbra e le palpebre semichiuse, e un'innaturale magrezza.
INGRESSO A GERUSALEMME
.Da sinistra Gesù avanza a cavallo di un asino verso le porte di Gerusalemme, seguito dagli Apostoli e facendosi incontro a una folla incuriosita: chi si prostra, chi accorre a vedere, chi è sorpreso, ecc. Sebbene la stesura denoti un'autografia non piena dell'episodio, la scena spicca come una delle più vivacemente naturali del ciclo, con una serie di episodi interni tratti dalla vita quotidiana, come quello dell'uomo che si copre la testa col mantello (un'azione goffa o un simbolo di chi non vuole accettare l'arrivo del Salvatore?) oppure i due fanciulli che salgono sugli alberi per staccare i rami d'ulivo da gettare al Salvatore e per vedere meglio, dettaglio derivato dalla tradizione bizantina, ma qui più realistico che mai, come già comparso nelle Storie di san Francesco ad Assisi, in particolare nella scena del Pianto delle clarisse.
La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell'Andata al Calvario
La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell'Andata al Calvario
CACCIATA DEI MERCANTI DAL TEMPIO
.Davanti al Tempio di Gerusalemme Gesù si scaglia conro i mercanti che infestano il luogo sacro, tra lo stupore degli stessi apostoli, tra cui Pietro che leva le braccia e si guarda smarrito. Gesù, col volto fisso che esprime la sua determinazione, alza il pugno impugnando una corda con cui scaccia due mercanti, le cui gabbie di animali stanno a terra assieme a un tavolo ribaltato; un caprone sfugge spaventato saltando via, mentre, poco dietro, due sacerdoti si rivolgono un sguardo perplesso. A sinistra se ne vanno altri animali oltre il bordo della scena, mentre due bambini si rifugiano tra le vesti degli apostoli, con espressioni particolarmente naturali, sia quello sotto Pietro che quello vestito di rosso che si stringe all'apostolo in primo piano, che si curva per proteggerlo. Il motivo della gabbia dovette piacere, infatti si decise a affresco completato di aggiungerne una seconda in mano all'uomo al centro della scena, oggi parzialmente scomparsa.
TRADIMENTO DI GIUDA
.A lato del Tempio di Gerusalemme, simboleggiato da un protiro retto da colonnine marmoree, i sommi sacerdoti, dopo aver assistito perplessi alla Cacciata dei mercanti dal Tempio da parte di Gesù, prendono accordi con Giuda Iscariota per essere aiutati a catturare il Cristo. L'apostolo traditore, ormai posseduto dal diavolo che lo bracca per le spalle, accetta il pagamento, raccogliendo il sacco coi soldi (Luca, 22, 3).
Fortemente individuata è la fisionomia di Giuda, con lo sguardo attento e il profilo aguzzo, dotato di baffi e barbetta. Il mantello giallo faciliterà la sua individuazione nelle scene successive, come quella del Bacio di Giuda. Sebbene già posseduto dal demonio Giuda era raffigurato ancora con l'aureola: se ne vedono tracce nell'intonaco sciupato per l'umidità.
Fortemente individuata è la fisionomia di Giuda, con lo sguardo attento e il profilo aguzzo, dotato di baffi e barbetta. Il mantello giallo faciliterà la sua individuazione nelle scene successive, come quella del Bacio di Giuda. Sebbene già posseduto dal demonio Giuda era raffigurato ancora con l'aureola: se ne vedono tracce nell'intonaco sciupato per l'umidità.
ULTIMA CENA
.Ambientata in una stanza senza due pareti per permettere la visione dell'interno, Giotto dipinge il volto dubbioso degli apostoli che si interrogano su chi sia il traditore del Cristo. Efficace è la disposizione degli apostoli attorno al tavolo, senza accavallamenti, grazie all'uso di un punto di vista di lato e leggermente rialzato. L'apostolo Giuda è seduto vicino a Gesù, indossa un mantello giallo e intinge la mano nello stesso piatto di Cristo. Giovanni invece, come tipico dell'iconografia, sta addormentato appoggiandosi a Cristo.
LAVANDA DEI PIEDI
.Nella stessa stanza della scena precedente, l'Ultima Cena, Gesù si appresta a compire un atto di umiltà lavando i piedi degli apostoli, iniziando da Pietro. Un altro apostolo sta slacciandosi i calzari in primo piano a sinistra, mentre Giovanni sta in piedi dietro Gesù reggendo un contenitore con l'acqua. L'annerimento della aureole è casuale e non voluto dall'autore, poiché causato in seguito per ragioni chimiche. Originariamente presentavano una differenziazione gerarchica: a rilievo, dorata con oro fino e con la croce accennata in rosso quella di Cristo, di colore imitante l'oro e con raggi quelle degli apostoli, senza raggi quella di Giuda, che si intravede col mento appuntito e la barbetta tra gli apostoli seduti a sinistra.
BACIO DI GIUDA
.La scena, una delle più note dell'intero ciclo, è ambientata all'aperto. Nonostante la cospicua partecipazione di personaggi, il nucleo centrale è perfettamente individuabile grazie all'uso delle linee di forza (come Caifa a destra che indica) e dell'ampia campitura di colore giallo della veste di Giuda, che si sporge in avanti, al centro, per baciare Gesù in modo da permettere alle guardie di riconoscerlo e catturarlo. Il volto di Giuda, giovane e pacato nelle scene precedenti, è qui ormai trasfigurato in una maschera bestiale, ed ha perso definitivamente l'aureola. All'immoto e intenso contatto visivo tra Gesù e il suo traditore si contrappone l'agitazione delle turbe di armati tutto intorno, generando un effetto di violenta drammaticità.
GESU' DAVANTI A CAIFA
.Dopo essere stato arrestato Gesù viene portato dai sommi sacerdoti, Anna e poi Caifa. La scena mostra Gesù in casa di Caifa davanti ai due uomini seduti in uno scranno. Caifa, con il gesto raffigurato anche nell'allegoria dell'Ira, si strappa la veste dal petto perché vorrebbe condannare Gesù a morte ma non può farlo poiché non ha l'autorità per farlo. Tra gli armigeri uno leva una mano per colpire Gesù, legato e strattonato al centro, poiché proprio in casa di Caifa ebbe inizio la persecuzione di Cristo che nell'iconografia viene di solito indicata come la scena del Cristo deriso.
GESU' DERISO
Dopo essere stato arrestato e giudicato, Gesù è incoronato di spine, deriso e flagellato dagli sgherri dei sommi sacerdoti. La scena, ambientata in una stanza in prospettiva intuitiva, mostra Cristo seduto a sinistra che sopporta, con sofferenza ma anche rassegnazione, le offese che gli vengono fatte, tirandogli e capelli e la barba, colpendolo con le mani e con bastoni, deridendolo. Nonostante questo Cristo è raffigurato in tutta la sua regalità, coperto da un mantello ricamato d'oro..
SALITA AL CALVARIO
La scena, in cattivo stato di conservazione, mostra Gesù che, reggendo la croce in spalla, esce dalla porta di Gerusalemme spintonato da degli armigeri che stanno davanti ai sommi sacerdoti Anna e Caifa. Più indietro veine la Madonna che geme drammaticamente, forse la figura più riuscita dell'intera scena.
La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell'Ingresso a Gerusalemme.
La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell'Ingresso a Gerusalemme.
Crocefissione
.La scena è legata, più che in altri episodi, all'iconografia tradizionale. Sullo sfondo del cielo blu oltremare spicca al centro la croce di Gesù, in un turbinio di angeli addolorati che accorrono, si stracciano le vesti, raccolgono il sangue di Cristo dalle ferite. In basso sta la Maddalena che bacia i piedi di Cristo, a sinistra sta il gruppo delle pie donne che sostengono Maria svenente e a destra quello dei soldati che si litigano la veste di Cristo. Ai piedi del Calvario si trova una cavità con delle ossa e un teschio, tradizionalmente quello di Adamo che, bagnato dal sangue di Cristo, è redento da Peccato originale.
COMPIANTO SUL CRISTO MORTO
.La scena, la più drammatica dell'intero ciclo e una delle più celebri, mostra una spiccata conoscenza delle regole della pittura c fin dalla composizione. Gesù è adagiato in basso a sinistra, stretto dalla madre che, in maniera toccante, avvicina il proprio viso a quello del figlio. Tutta una serie di linee di sguardi e di forza dirigono immediatamente l'attenzione dello spettatore su questo angolo, a partire dall'andamento della roccia dello sfondo che degrada verso il basso. Le pie donne reggono le mani di Cristo e la Maddalena gemente ne raccoglie i piedi. Sciolta e naturalistica è la posa di san Giovanni, che si piega distendendo le braccia indietro, derivata forse dal Sarcofago di Melagro che era a Padova. Dietro a destra stanno le figure di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, mentre a sinistra, in basso, una figura seduta di spalle crea una massa scultorea. A sinistra accorrono altre donne in lacrime, dalle pose studiate e drammatiche. In alto gli angeli accorrono con altre pose di disperazione, scorciati con grande varietà di pose, partecipando a una sorta di drammaticità cosmica che investe anche la natura: l'alberello in alto a destra è infatti secco.
RESURREZIONE E NOLI MI TANGERE
La scena mostra un doppio episodio: a sinistra il sepolcro vuoto di Cristo con gli angeli seduti e le guardie addormentate testimonia la Resurrezione; a sinistra la Maddalena inginocchiata davanti all'apparizione di Cristo trionfante sulla morte, con tanto di vessillo crociato, e il gesto del Salvatore che le dice di non toccarlo pronunciando, nelle versioni latine dei vangeli, la frase Noli me tangere. Sul vessillo si legge l'iscrizione "VI[N]CI/TOR MOR/TIS".
ASSENSIONE
.La scena mostra la salita di Gesù in cielo levandosi con slancio al centro del riquadro e protendendosi verso l'alto sospinto da una nuvola, con le mani levate già oltre la cornice del dipinto. Due angeli stanno sotto di lui a istruire gli astanti, ovvero gli apostoli e Maria, il cui volto appare di notevole qualità, da alcuni giudicato come l'unica parte autografa dell'affresco realizzato in larga parte da maestranze di bottega. Ai lati di Cristo completano la scena due cerchie angeliche e di santi simmetriche, tutti con le mani levate, che fanno eco al gesto ascendente di Cristo. Curatissimi sono i dettagli, soprattutto le applicazioni dorate nelle vesti degli apostoli, degli angeli e di Gesù stesso.
PENTECOSTE
Fai clic qui per effettuare modificheLa scena è ambientata in una stanza descritta come una loggia traforata da archi a sesto acuto trilobati in cui stanno seduti gli apostoli e Maria all'estrema destra. L'edificio è posto in scorcio verso sinistra, per assecondare la visione da parte dello spettatore idealmente al centro della cappella, un accorgimento usato anche in altre scene d'angolo. La luce divina, rossa come le fiamme della Carità, si sprigiona dal soffitto e investe i convenuti..
GIUDIZIO UNIVERSALE
Gesù rappresenta il fulcro dell'intera scena, che genera l'inferno con la sinistra dell'aura e rivolge lo sguardo e la mano destra agli eletti. Verso di lui (o contro di lui nel caso dei dannati) tendono a orientarsi tutti i nuclei delle figure[1]. Tutto di lui è aperto verso gli eletti, alla sua destra: lo sguardo, la piaga, il costato, mentre la sinistra è chiusa sui reprobi dell'inferno. Intorno alla mandorla stanno i serafini. In trono, a semicerchio intorno a Gesù ci sono i dodici apostoli. Alla destra di Cristo: Pietro, Giacomo, Giovanni, Filippo, Simone e Tommaso. Alla sua sinistra: Matteo, Andrea, Bartolomeo, Giacomo minore, Giuda Taddeo e Mattia. La trifora non è solo apertura luminosa (Cristo è luce) ma soprattutto è trono da quale Dio uno trino scende e giudica. I due fiorellini, posti nella trifora, di sei petali ciascuno, corrispondono numerologicamente ai due gruppi di sei apostoli scesi con Lui.
.Nelle fasce inferiori, divise dalla croce retta da due angeli, sono messi in scena i paradiso, a sinistra, e l'inferno a destra. Il primo mostra una serie ordinata di angeli, santi e beati (tra cui forse i santi "recenti" come Francesco d'Assisi e Domenico di Guzman), mentre nel secondo i dannati vengono tormentati dai diavoli e avvolti dalle fiamme che si sprigionano dalla mandorla di Cristo