Cappella Brancacci
I Brancacci possedevano la cappella alla testata del transetto di Santa Maria del Carmine fin dalla fine del Trecento. Antonio Brancacci iniziò una serie di lavori nella cappella nel 1387, ma fu solo suo nipote Felice, un ricco mercante della seta, tra i protagonisti della scena politica fiorentina nella prima metà del Quattrocento, che commissionò probabilmente alla bottega di Masolino da Panicale la decorazione ad affresco, con un ciclo sulle Storie di San Pietro, il protettore di famiglia. Masolino era impegnato con lavori a Empoli fino al novembre del 1424, per cui si può pensare che abbia iniziato a lavorare alla cappella immediatamente dopo. Il suo aiutante Masaccio subentrò all'incarico dopo la partenza di Masolino per l'Ungheria (1° settembre 1425). I lavori vennero sospesi nel 1427 quando Masaccio partì a sua volta per Roma, dove morì nell'estate del 1428. L'opera rimase incompiuta, anche per l'esilio di Felice Brancacci nel 1436, a causa del suo schierarsi nel partito avversario a Cosimo de' Medici. Nel 1458 la cappella venne probabilmente svuotata di tutti i riferimenti alla casata dei Brancacci, essendo ormai sconveniente, per i Medici e per i carmelitani stessi, un ciclo pittorico tanto famoso che ricordasse una famiglia ribelle con il papato (San Pietro era, dopotutto, il primo Papa). La cappella venne allora ridedicata alla "Madonna del Popolo" (una tavola risalente probabilmente all'anno della fondazione della chiesa, il 1268, è tutt'oggi presente sull'altare). Solo con la riammissione della famiglia Brancacci a Firenze, nel 1480, la decorazione della cappella poté essere portata a termine con l'incarico a Filippino Lippi, che oltre che essere un artista di spicco, era favorito anche perché figlio di Fra Filippo, uno dei primissimi allievi di Masaccio.
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La Cappella Brancacci difronte
PARETE DESTRA
La Parete Destra
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Il ciclo inizia dalla scena della Tentazione di Adamo ed Eva di Masolino, posta in un riquadro alto e stretto sullo spessore dell'arcone che delimita la cappella. Questa scena e quella simmetrica sul lato opposto (la Cacciata) sono gli antefatti della storia, che mostrano il momento il cui l'uomo ruppe la sua amicizia con Dio, che verrà poi riconciliata da Cristo con la mediazione di san Pietro.
Mostra Adamo accanto ad Eva in piedi, che si guardano con misurati gesti mentre lei sta per addentare il frutto proibito, che il serpente le ha appena offerto dall'albero dove essa appoggia il braccio. Il serpente ha una testina dotata di una folta capigliatura bionda, molto idealizzata.
Si tratta di una scena aulica, impostata nei gesti e nello stile al clima "cortese" del tardogotico. Un tempo questo influsso era accentuato ancora maggiormente dalla ricchezza quasi calligrafica di fogliami e di erbe nello sfondo che oggi sono scomparsi. La luce, che modella le figure senza asprezze, è morbida e avvolgente; lo sfondo scuro fa risaltare la loro sensuale plasticità, lasciandole come sospese nello spazio.
Soprattutto la figura di Adamo però mostra l'adesione a un certo canone di bellezza classicista, memore di una citazione dell'antico.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Mostra Adamo accanto ad Eva in piedi, che si guardano con misurati gesti mentre lei sta per addentare il frutto proibito, che il serpente le ha appena offerto dall'albero dove essa appoggia il braccio. Il serpente ha una testina dotata di una folta capigliatura bionda, molto idealizzata.
Si tratta di una scena aulica, impostata nei gesti e nello stile al clima "cortese" del tardogotico. Un tempo questo influsso era accentuato ancora maggiormente dalla ricchezza quasi calligrafica di fogliami e di erbe nello sfondo che oggi sono scomparsi. La luce, che modella le figure senza asprezze, è morbida e avvolgente; lo sfondo scuro fa risaltare la loro sensuale plasticità, lasciandole come sospese nello spazio.
Soprattutto la figura di Adamo però mostra l'adesione a un certo canone di bellezza classicista, memore di una citazione dell'antico.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Cacciata da Paradiso
Sul lato opposto, in posizione speculare, si trova l'altra scena della Genesi con la Cacciata dal Paradiso Terrestre, capolavoro diMasaccio. In quest'opera, vera e propria frattura rispetto al filone tardogotico del passato, è scomparsa la compostezza di Masolino e i personaggi sono ritratti in una cupa disperazione, appesantiti sotto l'angelo che con la spada sguainata li espelle con volontà perentoria, con un'intensità fino ad allora inedita in pittura.
I gesti sono eloquenti: mentre escono dalla porta del Paradiso, da dove provengono alcuni raggi divini, Adamo si copre il volto con le mani dallo sconforto e dal senso di colpa, Eva nasconde le nudità con vergogna e piange urlando, con una dolorosa espressione sul volto. In alto l'angelo della giustizia, con la spada, indica loro con durezza la via.
La fortissima plasticità dei corpi, soprattutto quello di Adamo, dà uno spessore mai visto alle figure inserite saldamente sul terreno, su cui si proiettano le ombre della violenta illuminazione che modella i corpi.
Essi sembrano infatti emergere dalla parete inondati dalla luce tagliente che, come realmente avviene dalla finestra della cappella, arriva da destra. Adamo è curvo, con la testa angosciosamente piegata in avanti, incamminandosi nell'arido deserto del mondo. I corpi sono volutamente massicci, sgraziati, realistici, con alcuni errori (come la caviglia di Adamo) che però non fanno che accrescere l'immediatezza espressiva dell'insieme.
Molti sono i dettagli di grande spessore, dai cappelli madidi e appiccicaticci di Adamo (sulla Terra egli va incontro alla fatica e alla sporcizia), all'impostazione della figura dell'angelo, dipinto in scorcio come se stesse piombando dall'alto. La posa di Eva è una citazione dell'antico (Venere pudica), magari filtrati da Giovanni Pisano (Prudenza nelpulpito del Duomo di Pisa).
Le fronde che coprivano le nudità di Adamo e di Eva sono state rimosse nel restauro del 1990.
I gesti sono eloquenti: mentre escono dalla porta del Paradiso, da dove provengono alcuni raggi divini, Adamo si copre il volto con le mani dallo sconforto e dal senso di colpa, Eva nasconde le nudità con vergogna e piange urlando, con una dolorosa espressione sul volto. In alto l'angelo della giustizia, con la spada, indica loro con durezza la via.
La fortissima plasticità dei corpi, soprattutto quello di Adamo, dà uno spessore mai visto alle figure inserite saldamente sul terreno, su cui si proiettano le ombre della violenta illuminazione che modella i corpi.
Essi sembrano infatti emergere dalla parete inondati dalla luce tagliente che, come realmente avviene dalla finestra della cappella, arriva da destra. Adamo è curvo, con la testa angosciosamente piegata in avanti, incamminandosi nell'arido deserto del mondo. I corpi sono volutamente massicci, sgraziati, realistici, con alcuni errori (come la caviglia di Adamo) che però non fanno che accrescere l'immediatezza espressiva dell'insieme.
Molti sono i dettagli di grande spessore, dai cappelli madidi e appiccicaticci di Adamo (sulla Terra egli va incontro alla fatica e alla sporcizia), all'impostazione della figura dell'angelo, dipinto in scorcio come se stesse piombando dall'alto. La posa di Eva è una citazione dell'antico (Venere pudica), magari filtrati da Giovanni Pisano (Prudenza nelpulpito del Duomo di Pisa).
Le fronde che coprivano le nudità di Adamo e di Eva sono state rimosse nel restauro del 1990.
Il Tributo
.La narrazione prosegue accanto alla Cacciata, sul registro superiore della parete sinistra, con la grande scena del Pagamento del tributo diMasaccio, universalmente riconosciuta come una delle più alte espressioni dell'arte di Masaccio, databile al 1425 ed eseguita in 32 "giornate". Mostra l'episodio in cui Gesù viene fermato all'ingresso della città di Cafarnao da un gabelliere che gli chiede un tributo; allora egli indica a Pietro un lago dove sulla riva troverà un pesce che nella gola ha una moneta d'argento.Si vede quindi a sinistra Pietro, piccolo e solitario, che è piegato espressivamente a raccogliere la moneta dal pesce dopo aver appoggiato la toga a terra (notare la disposizione così realistica e espressiva delle gambe dell'apostolo). Il gruppo centrale invece mostra Gesù, al centro, che indica a Pietro la riva del lago, attorniati dai dodici apostoli con aureola (una composizione probabilmente ispirata al gruppo deiQuattro Santi Coronati di Nanni di Banco), mentre davanti a loro, di spalle, il gabelliere manifesta chiaramente la sua richiesta di denaro allungando la mano aperta e indicando con l'altra la porta cittadina. A destra infine si vede Pietro che consegna, con una certa solennità, la moneta al gabelliere.
Emblematico è nel gruppo degli apostoli la figura a destra, vestita di color vinaccia, che appare molto ben definita nei lineamenti, con zazzera e barbetta. Secondo alcuni potrebbe trattarsi dell'autoritratto di Masaccio (che altri individuano invece nella scena sottostante), mentre altri lo indicano come possibile ritratto del committente Felice Brancacci.
Questa celeberrima scena è composta in tre tempi composti però in un unico spazio scenico, entro il medesimo paesaggio. Esso è scandito da una serie di tronchi e da varie montagne che sfumano all'orizzonte, mentre a destra si trovano le articolate mura della città composte con giochi di contrasto tra vuoto e pieno (la loggetta aggettante, le tettoie, ecc.). Inedito è anche il trattamento realistico del paesaggio, soprattutto nei monti erbosi che sfumano in lontananza: niente di più diverso dalle rocce aguzze usate daGiotto e continuatori seguendo la tradizione bizantina. La prospettiva è quindi unica (ed ha il punto di fuga dietro la testa di Cristo), ma anche la luce, con le ombre determinate con la stessa inclinazione dei raggi del sole. Il gruppo degli apostoli è disposto nello spazio attorno al Cristo con coerenza e il loro insieme sembra voler ribadire la volontà dell'uomo e la sua centralità.
Le due figure monumentali di Pietro e del gabelliere a destra sono saldamente piantate sul suolo e sembra di percepirne la massa plastica perfettamente sviluppata dal chiaroscuro.
La scelta della scena del Tributo viene rappresentata raramente dagli artisti tra le storie di Pietro e la sua presenza, oltre che celebrare la sapienza divina, allude probabilmente all'istituzione del catasto che sarebbe avvenuta di lì a poco (1427), ma che era già nell'aria: come Cristo accetta la logica terrena di pagare un tributo, così i cittadini dovevano sottostare all'obbligo civico di versare le tasse richieste.
Emblematico è nel gruppo degli apostoli la figura a destra, vestita di color vinaccia, che appare molto ben definita nei lineamenti, con zazzera e barbetta. Secondo alcuni potrebbe trattarsi dell'autoritratto di Masaccio (che altri individuano invece nella scena sottostante), mentre altri lo indicano come possibile ritratto del committente Felice Brancacci.
Questa celeberrima scena è composta in tre tempi composti però in un unico spazio scenico, entro il medesimo paesaggio. Esso è scandito da una serie di tronchi e da varie montagne che sfumano all'orizzonte, mentre a destra si trovano le articolate mura della città composte con giochi di contrasto tra vuoto e pieno (la loggetta aggettante, le tettoie, ecc.). Inedito è anche il trattamento realistico del paesaggio, soprattutto nei monti erbosi che sfumano in lontananza: niente di più diverso dalle rocce aguzze usate daGiotto e continuatori seguendo la tradizione bizantina. La prospettiva è quindi unica (ed ha il punto di fuga dietro la testa di Cristo), ma anche la luce, con le ombre determinate con la stessa inclinazione dei raggi del sole. Il gruppo degli apostoli è disposto nello spazio attorno al Cristo con coerenza e il loro insieme sembra voler ribadire la volontà dell'uomo e la sua centralità.
Le due figure monumentali di Pietro e del gabelliere a destra sono saldamente piantate sul suolo e sembra di percepirne la massa plastica perfettamente sviluppata dal chiaroscuro.
La scelta della scena del Tributo viene rappresentata raramente dagli artisti tra le storie di Pietro e la sua presenza, oltre che celebrare la sapienza divina, allude probabilmente all'istituzione del catasto che sarebbe avvenuta di lì a poco (1427), ma che era già nell'aria: come Cristo accetta la logica terrena di pagare un tributo, così i cittadini dovevano sottostare all'obbligo civico di versare le tasse richieste.
Predica di San Pietro
.La scena successiva è sul medesimo registro, sulla parete dietro l'altare, e mostra la Predica di San Pietro di Masolino, che la eseguì in otto giornate. Pietro è raffigurato davanti a una folla mentre, con un gesto eloquente, fa una predica. Le espressioni degli astanti sono le più varie, dalla dolce attenzione della monaca velata in primo piano, al torpore della fanciulla e del vecchio con la barba, fino al timore della donna in secondo piano, della quale si vedono solo gli occhi accigliati. Le montagne sembrano proseguire dalla scena precedente del tributo, in un'unità spaziale che è prerogativa di Masaccio.Le tre teste di giovani dietro al santo sono probabilmente ritratti di contemporanei, come anche i due frati a destra, e in passato erano stati attribuiti a Masaccio
San Paolo visita San Pietro in carcere.
Il ciclo prosegue ripartendo quindi da sinistra, sul pilastro, nel registro inferiore, con la scena di San Pietro in carcere visitato da San Paolo, opera di Filippino Lippi. Vi si vede il santo che si affaccia da una finestra con le sbarre, mentre il visitatore dà le spalle a chi osserva. Forse la scena seguì un disegno di Masaccio, come dimostrerebbe la perfetta continuità architettonica con la contigua scena della Resurrezione del figlio di Teofilo. Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
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ParIl registro inferiore fu l'ultimo ad essere completato e vi si sente uno stacco per l'assenza di Masolino, l'evoluzione dello stile di Masaccio (che vi mise mano dopo essere stato a Pisa) e, ovviamente, l'intervento di Filippino.La successiva scena, di grandi dimensioni sulla parete sinistra, è quella della Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra ed è per metà di Masaccio (che vi lavorò nel 1427) e per metà di Filippino Lippi, testimoniando il punto il cui vennero interrotti i lavori originariamente. Al primo maestro spetta la scena centrale, dal personaggio seduto a quello in piedi col vestito verde (compreso san Paolo inginocchiato) e la maggior parte della scena della cattedra, dai monaci carmelitani (esclusa la testa di quello inginocchiato) a Pietro, fino all'estremità; a Filippino appartengono i cinque fiorentini sulla sinistra, il gruppo centrale, compreso il fanciullo resuscitato e il bambino, e la testa del monaco in ginocchio, vistosamente sostituita. Sicuramente la scena era stata dipinta da Masaccio in misura maggiore, ma la presenza di personaggi antimedicei o comunque scomodi ne avesse resa necessaria una parziale demolizione: nel gruppo centrale dovevano essere presenti molti ritratti della famiglia Brancacci, sostituiti da Filippino con i membri delle grandi famiglie d'Oltrarno al tempo di Lorenzo il Magnifico: i Soderini, i Pulci, i Guicciardini, i del Pugliese, assieme ad altri notabili della cerchia medicea.
I ritratti di Masaccio, Brunelleschi, Alberti e MasolinoL'architettura è di Masaccio, con l'invenzione del muro con specchiature in marmo oltre il quale si vedono alberi e vasi, che verrà ripresa puntualmente da Domenico Veneziano, Andrea del Castagno, Alesso Baldovinetti e Domenico Ghirlandaio.
Grandi lacune sono state integrate nel recente restauro, come nella parte inferiore del San Pietro in cattedra.
Sono stati identificati molti personaggi dell'epoca. Il gruppo all'estrema destra mostrerebbe Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Masaccio e Masolino; il carmelitano corpulento in piedi, a destra di quello anziano, potrebbe essere un ritratto del giovane Filippo Lippi, allievo di Masaccio della prima ora e padre di Filippino; il fanciullo resuscitato viene indicato da Vasari come un ritratto del futuro pittore Francesco Granacci quindicenne, che permetterebbe di datare l'intervento di Filippino al 1485; il carmelitano di sinistra è stato indicato come il cardinale Branda Castiglione; sul lato opposto Teofilo in cattedra sarebbe Gian Galeazzo Visconti e la figura incappucciata sotto di lui Coluccio Salutati.
I ritratti di Masaccio, Brunelleschi, Alberti e MasolinoL'architettura è di Masaccio, con l'invenzione del muro con specchiature in marmo oltre il quale si vedono alberi e vasi, che verrà ripresa puntualmente da Domenico Veneziano, Andrea del Castagno, Alesso Baldovinetti e Domenico Ghirlandaio.
Grandi lacune sono state integrate nel recente restauro, come nella parte inferiore del San Pietro in cattedra.
Sono stati identificati molti personaggi dell'epoca. Il gruppo all'estrema destra mostrerebbe Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Masaccio e Masolino; il carmelitano corpulento in piedi, a destra di quello anziano, potrebbe essere un ritratto del giovane Filippo Lippi, allievo di Masaccio della prima ora e padre di Filippino; il fanciullo resuscitato viene indicato da Vasari come un ritratto del futuro pittore Francesco Granacci quindicenne, che permetterebbe di datare l'intervento di Filippino al 1485; il carmelitano di sinistra è stato indicato come il cardinale Branda Castiglione; sul lato opposto Teofilo in cattedra sarebbe Gian Galeazzo Visconti e la figura incappucciata sotto di lui Coluccio Salutati.
San Pietro in Trono
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San Pietro risana gli infermi con la sua ombra.
La scena successiva, proseguendo verso destra, è San Pietro risana gli infermi con la sua ombra di Masaccio.
La composizione è molto eloquente: San Pietro, seguito da San Giovanni, cammina per la strada e al passaggio della sua ombra guarisce un gruppo di infermi: due sono già in piedi che lo ringraziano, uno si sta alzando e un quarto, con le gambe deformate, è ancora accucciato a terra e guarda con trepidazione il santo. La figura col berretto rosso è stata riconosciuta come ritratto di Masolino, mentre il San Giovanni potrebbe celare un ritratto del fratello di Masaccio, lo Scheggia, seguito da un vecchio barbuto (Bicci di Lorenzo?); l'uomo con la berretta rossa, che si regge sul bastone, è stato indicato come possibile ritratto di Donatello, mentre l'uomo barbuto assomiglia a uno dei Magi nelPolittico di Pisa di Masaccio
Sotto i marmi dell'antico altare era celata la parte all'estrema sinistra, con il proseguimento in prospettiva della via verso una chiesa con una bella colonna corinzia e un campanile. L'architettura continua nello sguancio della finestra con un ardito effetto ottico. Questa scena e la successiva (Distribuzione delle elemosine) sono collegate da stringenti rapporti formali e di prospettiva, col taglio obliquo delle composizioni ambientate nelle strade di una città, verosimilmente Firenze. Alcuni hanno addirittura ipotizzato che la strada in questa scena, col palazzo in bugnato e la chiesa sullo sfondo, sia Borgo Albizi (e la distrutta San Pier Maggiore, proprio col campanile a vela), dove vivevano alleati dei Brancacci.
Resti dell'affresco della Crocifissione di san Pietro di Masaccio e di una testinaSempre sugli sguanci, poco sopra, sono stati ritrovati racemi decorativi e due testine (maschile e femminile), entrambe di Masolino (Boskovits) o forse quella maschile a destra pertinente a Masaccio (Baldini).
La composizione è molto eloquente: San Pietro, seguito da San Giovanni, cammina per la strada e al passaggio della sua ombra guarisce un gruppo di infermi: due sono già in piedi che lo ringraziano, uno si sta alzando e un quarto, con le gambe deformate, è ancora accucciato a terra e guarda con trepidazione il santo. La figura col berretto rosso è stata riconosciuta come ritratto di Masolino, mentre il San Giovanni potrebbe celare un ritratto del fratello di Masaccio, lo Scheggia, seguito da un vecchio barbuto (Bicci di Lorenzo?); l'uomo con la berretta rossa, che si regge sul bastone, è stato indicato come possibile ritratto di Donatello, mentre l'uomo barbuto assomiglia a uno dei Magi nelPolittico di Pisa di Masaccio
Sotto i marmi dell'antico altare era celata la parte all'estrema sinistra, con il proseguimento in prospettiva della via verso una chiesa con una bella colonna corinzia e un campanile. L'architettura continua nello sguancio della finestra con un ardito effetto ottico. Questa scena e la successiva (Distribuzione delle elemosine) sono collegate da stringenti rapporti formali e di prospettiva, col taglio obliquo delle composizioni ambientate nelle strade di una città, verosimilmente Firenze. Alcuni hanno addirittura ipotizzato che la strada in questa scena, col palazzo in bugnato e la chiesa sullo sfondo, sia Borgo Albizi (e la distrutta San Pier Maggiore, proprio col campanile a vela), dove vivevano alleati dei Brancacci.
Resti dell'affresco della Crocifissione di san Pietro di Masaccio e di una testinaSempre sugli sguanci, poco sopra, sono stati ritrovati racemi decorativi e due testine (maschile e femminile), entrambe di Masolino (Boskovits) o forse quella maschile a destra pertinente a Masaccio (Baldini).
PARETE SINISTRA
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Battesimo dei Neofiti
Proseguendo verso destra si incontra, oltre la finestra, il Battesimo dei neofiti di Masaccio, ambientato in una vallata tra colli scoscesi. Su questo lato la luce proviene da sinistra, essendo la finestra ormai da quella parte.
Alcuni giovani si apprestano a ricevere il battesimo da Pietro: uno è inginocchiato nel fiume e lo riceve a mani giunte (col corpo dall'anatomia stupendamente modellata), uno già spogliato sta aspettando coprendosi con le braccia mentre trema per il freddo (figura di grande realismo elogiata dal Vasari), un terzo si sta togliendo gli abiti di dosso. Un quarto ancora, scalzo e dal capo chiaramente bagnato, si sta rivestendo abbottonandosi la tunica blu. Pietro compie un gesto energico ed eloquente (da notare la rotazione della ciotola nel verso più congeniale alla percezione dello spettatore). Assiste una folla, tra i quali ci sono alcuni personaggi forse ritratti di contemporanei.
I due ritratti dietro Pietro sono le figure che erano rimaste coperte dal 1748, permettendo ai restauratori di vedere l'aspetto degli affreschi prima dell'incendio e dei restauri.
Straordinario è il senso dell'acqua e l'effetto bagnato sui capelli e sul perizoma del ragazzo in ginocchio.
Alcuni giovani si apprestano a ricevere il battesimo da Pietro: uno è inginocchiato nel fiume e lo riceve a mani giunte (col corpo dall'anatomia stupendamente modellata), uno già spogliato sta aspettando coprendosi con le braccia mentre trema per il freddo (figura di grande realismo elogiata dal Vasari), un terzo si sta togliendo gli abiti di dosso. Un quarto ancora, scalzo e dal capo chiaramente bagnato, si sta rivestendo abbottonandosi la tunica blu. Pietro compie un gesto energico ed eloquente (da notare la rotazione della ciotola nel verso più congeniale alla percezione dello spettatore). Assiste una folla, tra i quali ci sono alcuni personaggi forse ritratti di contemporanei.
I due ritratti dietro Pietro sono le figure che erano rimaste coperte dal 1748, permettendo ai restauratori di vedere l'aspetto degli affreschi prima dell'incendio e dei restauri.
Straordinario è il senso dell'acqua e l'effetto bagnato sui capelli e sul perizoma del ragazzo in ginocchio.
Distribuzione delle elemosine e morte di Anania
Distribuzione delle elemosine e la morte di Anania di Masaccio, che si svolge tra edifici. Illustra l'episodio di una donna punita perché aveva rifiutato di mettere in comune i propri beni secondo le usanze dei primi cristiani, denunciando un reddito falso. Anche questo episodio si può leggere come un richiamo alla solidarietà reciproca nella previsione dell'istituzione del catasto fiorentino.
La scena è caratterizzata da una maturazione stilistica di Masaccio, che rende l'espressività delle figure più vigorosa, oltre a comporre più articolatamente lo sfondo, con volumi architettonici meno stereotipati.
La scena è caratterizzata da una maturazione stilistica di Masaccio, che rende l'espressività delle figure più vigorosa, oltre a comporre più articolatamente lo sfondo, con volumi architettonici meno stereotipati.
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.Il successivo, grande pannello sul registro superiore della parete destra è opera di Masolino e mostra due miracoli, la Guarigione dello storpio e la resurrezione di Tabita, che secondo gli Atti avvennero rispettivamente a Gerusalemme e a Giaffa, ma che qui sono unificati nel medesimo spazio.A sinistra si vedono San Pietro e San Giovanni che miracolano uno storpio davanti a una loggia in prospettiva. A destra invece, sul limitare di una casa, San Pietro benedice una Tabita resuscitandola. Il centro della scena è occupato da una visione della Firenze dell'epoca con una piazza in prospettiva (piazza della Signoria?), dove si affacciano case merlate con le pertiche appese tra le finestre e, in primo piano, passano due borghesi riccamente abbigliati, che passeggiano incuranti di quanto avviene intorno. La vita quotidiana è raccontata nei minimi particolari, dagli oggetti che penzolano dalle finestre, fino a una serie di passanti sullo sfondo. La ricchezza cromatica e l'attenzione tutta esteriore ai dettagli piacevoli (come le vesti, i copricapi) è vicino al bello stile di Gentile da Fabriano e non potrebbe essere più distante dallo stile puro e "sanza ornato" di Masaccio.
La precisione prospettica dello sfondo aveva spinto Roberto Longhi ad attribuire questa zona al disegno di Masaccio, un'ipotesi oggi per lo più esclusa. Vi si ravvede piuttosto una volontà di Masolino di adeguarsi alle novità di Masaccio, un po' come avveniva in scultura con Lorenzo Ghiberti e le innovazioni di Donatello.
La precisione prospettica dello sfondo aveva spinto Roberto Longhi ad attribuire questa zona al disegno di Masaccio, un'ipotesi oggi per lo più esclusa. Vi si ravvede piuttosto una volontà di Masolino di adeguarsi alle novità di Masaccio, un po' come avveniva in scultura con Lorenzo Ghiberti e le innovazioni di Donatello.
La disputa con Simon Mago.
Il grande pannello del registro inferiore della parete destra è interamente opera di Filippino Lippi. Fuori dalle mura della città (Roma, riconoscibile dalla piramide di Caio Cestio sulle Mura aureliane e dagli edifici che spuntano oltre la merlatura) si vede a destra la disputa tra Simon Mago e san Pietro davanti a Nerone, con un idolo pagano abbattuto ai piedi del re. A sinistra invece ha luogo la crocifissione del santo che sta per venire appeso a testa all'ingiù per il suo rifiuto di essere crocifisso come il Cristo. La scena è ricca di ritratti. Il giovane col berretto all'estrema destra è l'autoritratto di Filippino.. Il vecchio col berretto rosso nel gruppo vicino a San Pietro e Simon Mago è Antonio del Pollaiolo. Il ragazzo che invece sta sotto l'arco e guarda verso lo spettatore è il ritratto di Sandro Botticelli, amico e maestro di Filippino. Nella figura di Simon Mago alcuni hanno voluto leggere un ritratto di Dante Alighieri, celebrato come creatore del volgare illustre col quale componevano Lorenzo il Magnifico e Agnolo Poliziano.
Crocifissione di San Pietro.
Originariamente sulla parete dietro l'altare, in basso sotto la finestra (che in antico era più corta e alta di quella odierna), si sarebbe invece dovuta trovare la Crocifissione di Pietro di Masaccio, dove dovevano convergere tutte le linee prospettiche degli affreschi a conclusione e fulcro dell'intero ciclo. Il punto di fuga si sarebbe dovuto verosimilmente trovare dietro il volto di Pietro, crocifisso al rovescio.
Della scena sono stati scoperti solo due frammenti ai lati. La scena venne probabilmente distrutta già tra l'anno della condanna di Felice Brancacci (1435) e l'anno in cui venne dichiarato ribelle (1458). La distruzione avvenne verosimilmente per fare spazio alla cornice della Madonna del Popolo, alla quale venne ridedicata la cappella intorno al1460, quando fu creata la Compagnia di Santa Maria del Popolo.
All'epoca di Filippino infatti (verso il 1480-1485) questa scena doveva essere già scomparsa, infatti venne ripidinta sulla parete destra.
Della scena sono stati scoperti solo due frammenti ai lati. La scena venne probabilmente distrutta già tra l'anno della condanna di Felice Brancacci (1435) e l'anno in cui venne dichiarato ribelle (1458). La distruzione avvenne verosimilmente per fare spazio alla cornice della Madonna del Popolo, alla quale venne ridedicata la cappella intorno al1460, quando fu creata la Compagnia di Santa Maria del Popolo.
All'epoca di Filippino infatti (verso il 1480-1485) questa scena doveva essere già scomparsa, infatti venne ripidinta sulla parete destra.
Liberazione di San Pietro.
L'ultima scena, da mettere in relazione sulla parete opposta con il santo imprigionato, mostra la Liberazione di San Pietro dal carcere da parte dell'angelo ed è interamente opera di Filippino Lippi. Anche qui l'architettura è connessa a quella della scena attigua. La guardia, armata di spada, dorme in primo piano appoggiata ad un lungo bastone, mentre avviene la scarcerazione miracolosa, che sottintende alla salvezza cristiana e forse anche alla riconquistata autonomia di Firenze dopo la minaccia milanese.
La Cupola.
Al 1565 risale un primo intervento di pulitura, seguito poi da un altro restauro nel 1670-1674. A fine del XVII secolo la cappella venne abbellita da argenti preziosi, da una cornice intagliata e dorata, da una balaustra marmorea e da una spalliera. Nel 1690 il marchese Feroni, d'accordo con i Carmelitani, mise in progetto la trasformazione della cappella da gotica a barocca, in maniera da fare pendant con la recente Cappella Corsini, ma il progetto non andò in porto.
Risale al 1642 circa la copertura delle nudità dei personaggi con fronde, all'epoca del "cattolicissimo" Cosimo III de' Medici.
Nel 1746-1748 le vele nella volta a crociera, affrescate da Masolino con i quattro evangelisti, vennero distrutte per creare una cupoletta, dove Vincenzo Meucci affrescò la Madonna che dà lo scapolare a san Simone Stock, mentre le due lunette superiori, dove il ciclo aveva inizio, vennero rimpiazzate da finte prospettive diCarlo Sacconi. Venne smantellata la bifora gotica e si creò una più ampia finestra barocca, distruggendo gran parte degli affreschi nella parte superiore della parete di fondo. In quell'epoca venne anche approntato un massiccio tabernacolo marmoreo per ospitare la Madonna del Popolo, oggi rimosso.
La cappella venne danneggiata dal grave incendio che distrusse la basilica nel 1771, ma tutto sommato gli affreschi si conservarono bene, nonostante alcuni inevitabili danni all'intonaco ed alla cromia, incotta ed annerita, ai quali si fece fronte con una successiva rinettatura[3]. La Madonna duecentesca si salvò per puro caso, essendo stata spostata all'interno del convento da circa un anno. A ricordo dell'incendio sugli scudi dei pennacchi venne aggiunta la scritta "SIGNUM SALUTIS IN PERICULIS".
Risale al 1642 circa la copertura delle nudità dei personaggi con fronde, all'epoca del "cattolicissimo" Cosimo III de' Medici.
Nel 1746-1748 le vele nella volta a crociera, affrescate da Masolino con i quattro evangelisti, vennero distrutte per creare una cupoletta, dove Vincenzo Meucci affrescò la Madonna che dà lo scapolare a san Simone Stock, mentre le due lunette superiori, dove il ciclo aveva inizio, vennero rimpiazzate da finte prospettive diCarlo Sacconi. Venne smantellata la bifora gotica e si creò una più ampia finestra barocca, distruggendo gran parte degli affreschi nella parte superiore della parete di fondo. In quell'epoca venne anche approntato un massiccio tabernacolo marmoreo per ospitare la Madonna del Popolo, oggi rimosso.
La cappella venne danneggiata dal grave incendio che distrusse la basilica nel 1771, ma tutto sommato gli affreschi si conservarono bene, nonostante alcuni inevitabili danni all'intonaco ed alla cromia, incotta ed annerita, ai quali si fece fronte con una successiva rinettatura[3]. La Madonna duecentesca si salvò per puro caso, essendo stata spostata all'interno del convento da circa un anno. A ricordo dell'incendio sugli scudi dei pennacchi venne aggiunta la scritta "SIGNUM SALUTIS IN PERICULIS".
Madonna del Popolo
Dopo il 1436 la cappella venne ridedicata alla Madonna del Popolo e vi fu posta la tavola della Madonna col Bambino[, risalente probabilmente al 1268 (anno della fondazione della chiesa) e tutt'oggi presente sull'altare.
In passato attribuita a Coppo di Marcovaldo o al Maestro della Sant'Agata, mentre oggi si parla più cautamente di un Maestro della Madonna del Carmine.
In passato attribuita a Coppo di Marcovaldo o al Maestro della Sant'Agata, mentre oggi si parla più cautamente di un Maestro della Madonna del Carmine.